Recensione: Godseed

Di Simone Volponi - 17 Settembre 2018 - 0:01
Godseed
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2018
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
75

Uno degli aspetti positivi dei progetti metal opera (e simili) è la possibilità di offrire una proposta variegata, non fosse altro per la presenza di un cast vocale di solito corposo. Tra gli aspetti negativi c’è senz’altro il proliferare di album minori e poco validi, ma nel caso degli Entering Polaris siamo davanti a un lavoro davvero interessante.

Concepiti dalla mente del chitarrista e compositore belga Tom Tas, con il debut “Godseed” gli Entering Polaris vogliono unire vari stili e sottogeneri del metal, dall’heavy più classico al progressive (sia metal che rock), dal power al thrash, il tutto in modo organico e fluido valorizzato da una produzione ben bilanciata curata da Simone Mularoni (DGM). Se prima ancora di partire con l’ascolto si sfoglia il libretto fino ai credits, ci si imbatte nei nomi coinvolti dietro al microfono, e non stiamo parlando di gente qualsiasi. Björn Strid (Soilwork), Thomas Vikström (Therion), Georg Neuhauser (Serenity), Fabio Lione (Angra, Rhapsody), Arno Menses (Sieges Even, Subsignal), Lance King (Balance Of Power, ex-Pyramaze), Henrik Fevre (Anubis Gate) e Sindre Nedland (In Vain) non necessitano di presentazioni e garantiscono una qualità interpretativa di alto profilo, perciò la palla passa al valore delle composizioni.
Nostalgia For Infinity” è un pezzo costruito su stop and go e riff tritanti che alterna il progressive più moderno con sfuriate thrash e gli interventi in growl del cantante dei Soilwork. La successiva e ottima “Flightless” già mette in pace i sensi con un classicissimo riff di scuola Helloween e una melodia paciosa, a tratti malinconica come certo alternative rock anni ‘90, e si può gustare anche l’intervento di un bel sax a impreziosire il tutto. La terza traccia è “It’s A Good Day For Burning Witches”, numero spedito sempre in bilico tra power-prog e thrash con un calzante Thomas Vikstrom a prodursi in tonalità alte. Si nota in questo primo trittico come il lavoro strumentale sia tecnico al punto giusto, Tom Tas si lancia in parti soliste veloci ma senza annaffiare le composizioni con inutili prove di abilità. La melodia è sempre il perno, come dimostrano anche la titletrack incentrata su un altro riff tributo a Kai Hansen e soci (ma anche il refrain lo è) e la seguente “Clear Skies” (Lance King alla voce) costruita con un passo power nelle strofe e un ritornello arioso scuola Rush.

Prima del trittico finale contenente gli highlights dell’album, gli Entering Polaris non si fanno scappare l’occasione di inserire una bella ballad acustica, che prende il titolo di “A Song Of Distant Earth”, con echi evidenti dei Queensryche (quelli di Geoff Tate).
Gli highlights dicevamo. “Paradise Reclaimed” parte acustica per poi distendersi in un power spedito stile Blind Guardian cui partecipano anche la voce della soprano Audrey Dandeville (Irradiance) e il growl sprezzante di Sindre Nedland, che ben si inseriscono negli scambi del duo Vikstrom-Neuhauser. È una traccia dove le strofe sono divise tra i personaggi di Hermes e Persephone davvero ben costruita e accattivante. Ancora meglio “The Field Of Ghosts” dove il nostro Fabio nazionale si erge imperioso sulle strofe aggressive con la stessa maestosità di Hansi Kursch, mentre Arno Menses si occupa delle parti più solari che si rifanno parecchio agli Ayreon. È un pezzo che alterna power e progressive, rabbia e riflessione, con momenti acustici e repentini cambi di tempo che sicuramente piacerebbe al maestro Lucassen. La chiusura è affidata al terzo momento top (ma tutto l’album è comunque più che valido), ovvero la cavalcata “The Long Run”, anch’essa un saliscendi ritmico davvero pregevole compreso di parti acustiche, un assolo di basso e la bella parte corale in coda, dove si ritrova parte della ciurma cantante a suggellare un debutto coi fiocchi.

Godseed” difficilmente godrà della pubblicità che merita, e sarebbe un peccato che passasse in sordina. C’è tutto quello che serve per piacere, composizioni valide, voci di livello, il lavoro strumentale di Tas di ottima fattura. Le citazioni alle fonti d’ispirazione ci sono tutte, i fans di Blind Guardian, Queensryche, Helloween, Iron Maiden, Ayreon, Kamelot possono procurarsi questo debutto degli Entering Polaris senza remore, sicuri di passarci insieme il tempo di parecchi ascolti.

Ultimi album di Entering Polaris

Genere: Power 
Anno: 2018
75