Recensione: Grenzgaenger

Di Alessandro Marrone - 12 Ottobre 2018 - 11:30
Grenzgaenger
Band: Agrypnie
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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80

Nel caso non l’abbiate ancora fatto, vi suggerisco di intraprendere il discorso Agrypnie ascoltando prima la compilation di Pavor Nocturnus, il modo ideale per intraprendere il viaggio nel vortice oscuro disegnato da Herr Torsten, che anche su quello che rappresenta a tutti gli effetti il nuovo disco si fa carico di tutto lo sforzo compositivo ed esecutivo, fatta eccezione che per la sezione ritmica, dove abbiamo Moe alla batteria e Phil Hillen al basso. Dico di partire con PV perché reputo sia il modo migliore per prepararvi a quello che vi aspetta nei prossimi abbondanti 60 minuti di black metal poco convenzionale, dove i cinque anni trascorsi dal precedente Aetas Cineris sono serviti a cementare ancora più solidamente un sound sempre più personale, introspettivo e permeato da quelle che non rappresentano semplici contaminazioni, ma accezioni che delineano la vera ed attuale identità del combo tedesco. Detto questo, ho la certezza che quanto sentirete nei prossimi minuti verrà stravolto con il successivo lavoro, dimostrando ancora una volta la maturità di un nome che non ha ancora raccolto tutti i consensi che merita e che con il nuovo Grenzgaenger poco si preoccupa di essere “facile da digerire”, ma procede con il suo incessante desiderio di trascinarvi in un mondo oscuro, senza necessariamente caratterizzarlo con gelide lande selvagge, croci rovesciate e demoni assatanati.

 

Auferstehung ha il compito di spalancare i tenebrosi cancelli del buio cosmico idealizzato da Torsten e inciso su disco attraverso questi imminenti 70 minuti. Una calma apparente viene interrotta dalla furia sonora e dalla voce graffiante del padrone di casa, attraverso i 12 minuti che non intendono lasciare spazio a dubbi riguardo una maturità stilistica a dir poco d’impatto, ricca di pathos, aperture a modo loro melodiche e tappeti di fondo che impreziosiscono la tessitura globale del brano. In Die Tiefe mostra un’altra definizione di potenza, quella fatta di una base più ritmata, condotta dal graffiante lamento di Torsten, autentico capitano di un vascello che sfida una tempesta apocalittica. Aus Zeit erhebt sich Ewigkeit è ciò che più si avvicina ad un esorcismo sonoro, un tripudio di rabbia e violenza messe al servizio di una cavalcata che fonde sfuriate “trve black” con caratteristiche più tipicamente symphonic, ma senza che una prevarichi l’altra o che nemmeno si fondano – è proprio il fatto che si riesca ad avere una doppia identità che stravolge il concetto di black, post-black o avantgarde che ci saremmo aspettati sino a pochi minuti fa. Nychtemeron non teme di mettere in luce la sua complessa architettura e vorresti che non finisse mai, non tanto perché è ricca di spunti interessanti, ma perché a tutti gli effetti è uno di quei brani che riesce difficile classificare, potrebbe benissimo rappresentare un EP per conto proprio (e non solo perché supera i 13 minuti di durata), ma perché ancora una volta incorpora estrazioni differenti e le mescola senza che nessuna delle sue ombre scure perda vigore.

 

Giunti alla title-track, Grenzgaenger (che potremmo tradurre come “Clandestino”) si è di certo creata una indubbia sensazione di sorpresa e la voglia di procedere con l’ascolto non concede tregua ai nostri timpani. Ancora una volta restiamo spiazzati, ancora una volta si cambia registro. La batteria detta il tempo come se stessimo marciando contro i demoni interiori di un’entità oscura e la qualità sonora gioca un ruolo importante per la consacrazione di un altro episodio maledettamente positivo. Il viaggio cosmico con gli Agrypnie a questo punto sembra volersi permeare di un’aurea diabolica che punta a mettere insieme ispirazioni così differenti tra loro che sembrano quasi non avere una meta precisa, ma il punto è che l’obiettivo è chiaro sin dall’inizio e man mano che si delineano i contorni di questo angolo di universo, ci rendiamo conto di essere noi al centro di tutto, noi siamo i “clandestini” di Grenzgaenger. Die Waisen des Daidalos non perde punti se è questo che ci si potrebbe aspettare, arrivati nel trittico finale del disco. Viaggia su binari che adesso ci suonano più tradizionali, che appartengono agli Agrypnie e giocano sull’andirivieni di cattiveria ritmica e aperture più melodiche, esattamente come la successiva Die Langste Nacht. Entriamo nei minuti finali con il malinconico intercedere di Zu Grabe, ci proviamo a preparare per vedere il sipario che cala e seguiamo il massacrante finale, a suo modo epico. Ormai non c’è neppure uno spiraglio, attorno a noi il silenzio, il vuoto, il buio. Dentro di noi la voglia di tornare indietro e ripercorrere la stessa strada, cercando di coglierne ancora più dettagli, di fare nostro un disco sorprendente.

 

Ci sono diversi ospiti che hanno fatto la loro comparsa su Grenzgaenger, ma l’artista che ha deciso che l’album sarebbe stato grandioso è Torsten Hirch. Potremmo definirlo come un genio del black metal contemporaneo, ma sono sicuro che a lui questa semplice definizione non piacerebbe. E se il face painting tradisce una ruvidità artistica, su questo album assolutamente introvabile, ci si trova di fronte al canonico caso de “l’abito non fa il monaco”. Date un ascolto a questo disco, fatelo con l’attenzione che si conviene ad un lavoro che ha necessitato di cinque anni per prendere forma ed essere il viaggio che sarebbe dovuto essere. In principio vi sentirete dei clandestini, dei viaggiatori spaesati in un luogo quasi inospitale da quanto è strano, ma non appena entrati in sintonia con la galassia di Torsten, vi troverete a desiderare che la destinazione sia l’infinito. Ci troviamo di fronte ad un capolavoro? È presto per dirlo, ma senza dubbio abbiamo ascoltato qualcosa di speciale, differente rispetto al solito, soprattutto se contiamo che riesce a suonare estremo sotto ogni aspetto e non lascia intravedere punti deboli, neppure le lyrics in tedesco. Tra 5 anni lo ascolteremo in un’ottica diversa e lo capiremo ancora meglio, tra 10 saremo in grado di sviscerarlo ancora più a fondo e nel frattempo avremo avuto modo di vedere se sarà stato il cancello per l’ingresso in un nuovo angolo di universo musicale, o soltanto un meteorite infuocato caduto per regalarci 70 minuti di godimento sonoro.

 

Brani chiave: Auferstehung / Aus Zeit erhebt sich Ewigkeit / Nychtemeron / Grenzgaenger

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