Recensione: Hellmade

Di Francesco Sgrò - 12 Maggio 2014 - 14:02
Hellmade
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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72

Una colata di acciaio rovente costituisce la spina dorsale di questo “Hellmade”, terzo tassello discografico per i power metallers Crystal Tears.
Forti della partecipazione del vocalist Søren Adamsen (ex Artillery), i nostri danno vita ad un album potente e maligno, realizzato con l’aiuto di qualche ospite esterno nelle persone dei chitarristi Laki Ragazas (Devil’s Train) e Patrik Gardberg (Solution e Torchbearer fra gli altri).

In poco più di quaranta minuti di musica i Crystal Tears guidano l’ascoltatore in un turbine di potenza dalle spiccate connotazioni heavy power, trascinandolo in un’ipotetica discesa “infernale” (come evocato dal titolo dell’album) che trova il proprio inizio nelle note della gelida “Destination Zero”, traccia che sin dalle prime battute evidenzia l’ottimo lavoro chitarristico svolto dai bravi Mate Nagy e Kostas Soto, determinanti nel creare un muro sonoro fatto di riff granitici e accordi taglienti. L’accompagnamento offerto dalle oscure melodie orchestrate dal singer, unito ad una sezione ritmica precisa, seppur offuscata da una produzione polverosa, contribuiscono ad offrire un alone di severa austerità heavy al brano.

Nonostante un profilo dei suoni non sempre ottimale, l’album prosegue su buoni livelli qualitativi con la rasoiata di “The Skies Are Bleeding”, episodio costellato dai feroci riff allestiti dalle due chitarre cui si aggiungono spietate accelerazioni Thrash e parti soliste di notevole efficacia.
L’esuberante violenza messa in mostra sin qui, viene poi in parte mitigata da una maggiore presenza della componente melodica presente nel coro della orecchiabile “Out Of The Shadows”, canzone che fa il paio con la seguente “The Devil Inside”: il gruppo mette momentaneamente da parte la furia scatenata nelle fasi iniziali del disco, in favore di sonorità (relativamente) più morbide, contraddistinte da armonie più accentuate e facilmente assimilabili.

La spietata “Resurrection Suicide”, riporta tuttavia il quintetto su lande più propriamente Speed/Power: leggeri sprazzi Thrash – evidenziati nei dilanianti riff prodotti dalle due chitarre – permeano l’essenza di un brano sempre costantemente sorretto dalla solida voce di Søren Adamsen.
L’alternanza tra dura ferocia heavy e melodia power, tipica del songwriting in forza ai Crystal Tears, riprende il controllo del pentagramma costituendo l’ossatura portante della piacevole “Psycho Pollution”: la successiva “Under Your Skin”, ottimamente strutturata ed arricchita da uno schema melodico semplice ma alquanto persuasivo, si fa quindi notare per l’ottimo ritornello che ne impreziosisce i movimenti.

Potenza e melodia sono ancora le principali parole d’ordine della sanguigna “Violent New Me”, pezzo giocato sull’alternanza di velocità sostenute a momenti maggiormente cadenzati, suggellati da una serie di ottimi assolo chitarristici, preludio di un refrain semplice ed immediato.
Giunti ormai alla fine dell’opera, i Crystal Tears incastonano un ultimo notevole trittico composto dalla melodicissima “Ever Alone” – estremamente orecchiabile e di piacevole ascolto – dalla granitica “Rock ‘N’ Growl” e concluso con la gradevole cover di “Beds Are Burning”,  in origine firmata dai Midnight Oil.
Un passaggio finale che consente di mettere in evidenza l’anima più Hard Rock della band greca ed interessante nel condurre al termine un album senza dubbio non definitivo o imprescindibile ma comunque più che dignitoso.

Una release che si mostra di discreto valore grazie alla miscela “spietata potenza/ricerca melodica”, base di una ricetta non troppo originale, parimenti molto sostanziosa, che avrebbe potuto convincere ancora di più se caratterizzata da una produzione maggiormente nitida.

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