Recensione: Human Abuse

Di Daniele D'Adamo - 24 Novembre 2015 - 16:47
Human Abuse
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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73

I The Juliet Massacre nascono nell’ormai lontano 2006 anche se, volendo risalire all’inizio del tutto, l’anno da tenere in considerazione è il 2003, quando alcuni dei membri attuali danno vita al progetto Lost In Autumn che morirà, appunto, nel 2006.

Da allora sono arrivati due demo (Demo 2006, 2006; “The Juliet Massacre”, 2007), un single (“Bleeding The Black Blood, 2008) e due full-length. Il primo, “Pray For An Afterlife” (2012), per la HeadXplode Records; il secondo, “Human Abuse”, oggetto di questa recensione, autoprodotto.

I Nostri suonano duro. Anzi durissimo. Deathcore nella versione estrema. Quella, cioè, così vicina al brutal death metal da lambirlo spesso e volentieri. Soprattutto quando le suinate delle vocals – interessante l’idea di unire un cantante scream a uno innhlae – rappresentano il principale segno di riconoscimento musicale come accade, per esempio, nella violentissima “Earth Annihilation”, tremenda mazzatona sui denti, da schiantare anche le schiene più muscolose.   

Il sound del sestetto di Vasto, difatti, lascia ben poco spazio ad argomentazioni che non riguardino la pura follia scardinatrice. Di melodia se sente ben poca, e quella che c’è (“Chocking The Last Breath”) è mascherata sotto una corazza d’acciaio rovente e fumante. Le chitarre eruttano riff su riff in quantità industriale prendendo spunto a mani libere dal thrash, questo sì, e il drumming è un tormentoso, continuo martellamento sul fianco grazie all’uso senza risparmio dei blast-beats, la cui battuta è spinta al massimo dall’energia del basso.

Song come “Drown In The Dust”, infatti, potrebbero benissimo far parte di un disco di brutal senza che nemmeno i relativi appassionati battessero ciglio. Malgrado queste divagazioni in direzione della pazzia (Beaten & Killed”) metallica, comunque, i The Juliet Massacre mantengono sempre perfettamente a fuoco il disegno del loro stile musicale, invero piuttosto originale per quanto osservato sin’ora.      

Certo, nulla è stato inventato, con “Human Abuse”, però è innegabile che alcuni elementi di solito estranei fra loro, come – appunto – le due voci scream / inhale – donino all’album medesimo un po’ di quella freschezza timbrica necessaria a farsi notare in un ambiente saturo di proposte se non tutte uguali, parecchio similari.  

Peraltro, Antomega e soci si mostrano davvero bravi, come musicisti. Ben preparati tecnicamente, sicuri dei propri mezzi e, soprattutto, in grado di dar vita a un sound adulto, maturo in ogni aspetto. Un sound che non è secondo a nessuno e che merita di risplendere su un supporto procurato dalla professionalità di una label ufficiale.

Questo lo meritano, assolutamente.  

Daniele D’Adamo

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