Recensione: Impassable Fears

Di Stefano Santamaria - 13 Luglio 2017 - 0:00
Impassable Fears
Band: Gravetemple
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2017
Nazione:
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80

I Gravetemple sono un progetto alternativo dei Sunn O))), in cui sono impegnati nello specifico Oren Ambarchi, Stephen O’Malley e Attila Csihar. Quest’ultimo, per chi non lo sapesse, è una delle voci e menti storiche del movimento black metal, nello specifico nei Mayhem e in altri innumerevoli progetti che spaziano in disparati filoni musicali.

Impassable Fears” rompe un silenzio che durava ormai dal 2009, precisamente dal live “Le Vampire de Paris”, mentre l’ultimo full-length “The Holy Down” era datato 2007. L’inumana interpretazione vocale non fa altro che render ancor più angosciante un album che si muove tra il drone, il doom e la più pura psichedelica. Rispetto a unidici anni fa, ci troviamo in un contesto più variegato per proposta, dai tempi meno dilatati negli sviluppi. 

The Holy Down” fu un album che conteneva un’omonima sola traccia, in cui un tetro e lungo silenzio si alzava idealmente con un rumore di caotici suoni che pian piano ci calavano in una mefistofelica nebbia di black, drone ed ambient. Crescendo opprimente di echi ed effetti che oggi si può ammirare ancora, ma che trova in una ritmica più articolata e violenta, maggior dinamicità. Stridore e bolgia di suoni si alternano, anime perdute gridano il loro dolore, la voce di Csihar poi improvvisamente si staglia disumana zittendole, come a spegnere flebili speranze.

 I suoni costanti di sottofondo riempiono ogni possibile spazio, non lasciando letteralmente tregua all’ascoltatore, un continuum di strumenti che si attenua in qualche modo, pur tormentando in ogni istante. Note si fanno ipnotiche, cibernetici fraseggi il cui minimalismo ci ricorda l’electro, concetto dal quale poi i connotati psichedelici prendono via via forma. 

Un album ostico sotto tutti gli aspetti, il cui merito è di andare oltre le definizioni, aggiungendo in questo capitolo ritmiche e vocalizzi che accostano i  Gravetemple al concetto di metal più che in passato. 

Ribollio di putrefatti intenti lascia presagire un lungo fiume di nera bile che lentamente crea un solco che ci ferisce, consuma. Condanna che non finisce mai, agonia infinita di infernale penitenza a cui non si può sfuggire. “Impassable Fears” è tutto ciò, prendere o lasciare, senza mezze misure lo amerete oppure non lo sopporterete, perché come capita spesso in questi ambiti ci vuole pazienza ed attitudine anche per ascoltare proposte così. Tormentati.

Stefano “Thiess” Santamaria

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