Recensione: In Search Of Space

Di Tiziano Marasco - 29 Dicembre 2012 - 0:00
In Search Of Space
Band: Hawkwind
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1971
Nazione:
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83

“Il secondo album è sempre il più difficile” affermava un giovane saggio prima che i gorgoglianti vortici del mainstream ne risucchiassero la mente, trascinandola negli abissi della demenza. Pur tuttavia, riesce difficile considerare In Search Of Space, quarant’anni lo scorso ottobre, come un secondo disco vero e proprio per gli Hawkwind. Per tutta una serie di motivi.
 
Iniziamo dicendo che gli Hawkwind, formatisi un paio d’anni prima, non erano da considerarsi come un gruppo in senso stretto, ma più che altro come una comune artistica (United Artists appunto) tenuta insieme dal carisma di Dave Brock, ma composta da gente che andava e veniva. Fatto questo che portò sì ad un omonimo debut, indiscutibilmente di pregio, apprezzato già al tempo nel fattonissimo ambiente underground londinese. Ciò nonostante le composizioni che formavano Hawkwind (1970) risultavano piuttosto disomogenee, e mancava l’idea comune di psychefloidia coniugata al rocket roll degli anni sessanta. In parole povere, Hawkwind è un buon disco, ma non è space rock.
 
Con l’ingresso in comunità di Barney Bubbles, artista tecnologico che si occupò di realizzare l’artwork per In Search Of Space e per i suoi successori, la musica cominciò a cambiare, proiettandosi verso lo spazio aperto anche grazie ad alcuni significativi cambi di formazione. Anzitutto il basso, dove Dave Anderson dei mitici Amon Düül sostituì Huw Lloyd-Langton, ritiratosi per il troppo LSD assunto sull’Isola di Wight. Non bastasse questo, Anderson andò ad affiancare Brock alle chitarre, proponendo dunque un sound ancor più articolato ed ancora più volto in direzione di quella psichedelia tedesca in salsa kraut rock di cui gli Amon Düül erano alfieri, assieme a Tangerine Dream e Popol Vuh.
 
A questo si aggiunga pure il curioso avvicendamento ai synth, laddove il dimissionario Dik Mik fu sostituito da Del Dettnar, ingegnere sonoro della band durante i live. Non fosse che poco dopo Dik Mik sarebbe tornato e, al momento di incidere In search of space, gli Hawkwind si ritrovarono con due synetizzatori in formazione. E l’effetto è chiaro. A partire dall’estenuante spacetrip di You Shouldn’t Do That: un quarto d’ora ai limiti della strumentale, navigata da una batteria martellante, dominata da tonalità sospese ed estremamente sintetiche su cui chitarre e sassofoni si avventurano in una interminabile jam session. La opener si rivela il manifesto del vero Hawkwind sound – chissà poi che sostanze avevano assunto in sede di composizione e registrazione. Un pezzo magnifico ed imperdibile, deve aver mandato in visibilio tutti quegli acidi spettatori che negli anni Settanta affollavano i live del gruppo.
 
L’altro highlight del disco è indiscutibilmente We Took the Wrong Step Years Ago: prototipo della Hawkwind-ballad, emerge nella tracklist come un fulmine a ciel sereno. Se le prime tre composizioni si presentano infatti su linee omogenee, lunghe ed acide jam session sempre al di sopra dei sei minuti, We Took the Wrong Step Years Ago risulta un brano estremamente semplice, di durata contenuta, una spaccatura interna al disco. Permangono atmosfere dilatatissime, certo, ma la batteria è quasi assente, domina invece un semplice arpeggio di chitarra ed un’altrettanto semplice strofa cantata con tono vuoto e malinconico. Le ultime due tracce proseguono la prima sul filo dei brani iniziali, un’altra lunga jam a più strumenti e la seconda somiglia a We took the wrong steps, un’altra ballata acustica. Il secondo lavoro degli inglesi dunque si rivela, stavolta sì, omogeneo e compatto, dotato di una sua identità, anzi, del vero e proprio Hawkwind sound dell’epoca d’oro, come si è già detto. Non tutto è perfetto, bisogna dire, poiché mancano ancora le irresistibili melodie e l’implacabile songwriting che faranno grandi i tre dischi successivi. Ed ancora, le interminabili jam di pezzi come Master Of The Universe o Adjust Me sembrano fini a sé stesse alle volte, e risultano leggermente pesanti da digerire.
 
Ma questo è quanto, l’astronave Hawkwind aveva spiccato il suo meraviglioso volo ed In search for space, accolto da buone critiche su ambo le sponde dell’Atlantico, fu coronato dal successo di pubblico che lo portò fino alla top 20 britannica. A seguirlo venne il singolone Silver Machine (numero 3 in Inghilterra), incluso nella riedizione di questo disco anche se, dati i cambi di formazione, dovrebbe a miglior diritto far parte del successivo Doremi Fasol Latido. Poche storie comunque, in quell’autunno di quarant’anni fa una band di proporzioni cosmiche aveva trovato la sua strada – o la sua rotta di curvatura. 
Tiziano “Vlkodlak” Marasco
 
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Tracklist
1.You Shouldn’t Do That 15:42
2.You Know You’re Only Dreaming 6:38
3.Master of the Universe 6:17
4.We Took the Wrong Step Years Ago 4:50
5.Adjust Me 5:45
6.Children of the Sun 3:21
 
Personnel
Dave Brock – chitarre elettriche, acustiche e a 12 corde, tastiera, armonica, voce
Nik Turner – sax, flauto, voce
Del Dettmar – sintetizzatore
Dik Mik (Michael Davies) – sintetizzatore
Dave Anderson – basso, chitarre elettriche e acustiche
Terry Ollis – batteria

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