Recensione: IV et Lux Perpetua

Di Emanuele Calderone - 26 Giugno 2011 - 0:00
IV et Lux Perpetua
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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73

Arrivati con questo nuovo “IV Et Lux Perpetua” a quota 4 full-length in appena quattro anni, i My Silent Wake proseguono il loro percorso nel doom/death, non accennando a volersi fermare.
La band nasce nel 2005 in Inghilterra e vede tra le proprie fila:
-Ian Arkley (chitarra e voce)
-Andy Lee (basso e cori)
-Jasen Whyte (batteria e voce)
-Kate Hamilton (basso, violino, tastiere e cori)
-Tank (batteria)

Accomunabili, nella prima parte della propria carriera, ai maestri del doom estremo quali Anathema e My Dying Bride, i cinque ragazzi decidono, con questa nuova uscita, di volgere la propria attenzione verso territori ancor più vicini al death e, pur mantenendo una dose di doom nelle proprie composizioni, cominciano a fare capolino, qua e là, anche alcuni elementi rock e psichedelici.
“IV Et Lux Perpetua” rappresenta indubbiamente l’episodio più coraggioso e interessante della carriera di questi ragazzi, risultando particolarmente gradevole e appassionante grazie a canzoni che convincono e riescono nell’arduo compito di suonare personali e mai scontate.
Ascoltando il disco si nota, in primis, come i cinque musicisti inglesi continuino a crescere: a un’ottima prestazione tecnica, del tutto priva di sbavature, si affianca una considerevole maturazione in fase di songwriting. Rispetto ai precedenti dischi quest’ultimo risulta più dinamico, articolato e interessante.
Il combo del Sommerset settentrionale cattura con grande facilità l’attenzione dell’ascoltatore, grazie a melodie suadenti e poco comuni all’interno della scena death/doom.

L’apertura del lavoro viene demandata a “Et Lux Perpetua”, pezzo che al suo interno sintetizza quanto detto fin’ora. Il riffing potente (in certi passaggi non mancano addirittura richiami allo stoner), la sezione ritmica massiccia e pachidermica -ma non per questo poco varia- e, non ultima, la voce di Jasen riescono a dare vita ad uno degli episodi più interessanti dell’intero platter. Molto ben riuscite anche le aperture melodiche, che denotano una cura a tratti maniacale.
Sulla stessa scia si muove anche la successiva “Death Becomes Us”, ben riuscita grazie ad alcuni rallentamenti che la rendono ancor più angosciante; parte del merito questa volta va attribuita anche all’interpretazione maiuscola di Whyte al microfono, che si dimostra vero e proprio valore aggiunto della band.
Tra gli episodi degni di una citazione è impossibile non nominare la coppia formata da “Bleak Endless Winter” e “Father”: queste sono senza ombra di dubbio le tracce più atipiche e sperimentali dell’intero platter. La prima parte con atmosfere che riportano alla mente i Led Zeppelin, per poi trasformarsi in un macigno dalle tinte gotiche. I ritmi in questo caso si fanno più serrati, conferendo all’episodio una maggiore potenza e aggressività.
Discorso diverso invece per “Father”, probabilmente la canzone più riflessiva delle otto qui contenute. Grazie all’ausilio della voce pulita, che in questo caso sovrasta il growl, i toni per la prima volta si smorzano, dando un attimo di pace all’ascoltatore.
Le rimanenti track si mantengono bene o male sul percorso tracciato dall’introduttiva “Et Lux Perpetua”, alternando di volta in volta a passaggi più tirati, altri più tranquilli. La qualità si attesta sempre su livelli ben oltre la sufficienza, garantendo all’album numerosi passaggi nel lettore.

Notevolissimo il passo avanti fatto in fase di registrazione: i suoni, da impastati e poco chiari (basterebbe dare un ascolto a “The Anatomy of Melancholy” del 2007), sono finalmente divenuti chiari e puliti. Gli strumenti, proprio grazie a questa miglioria, sono ora più definiti e ognuno dei cinque musicisti trova lo spazio per esprimersi al massimo delle proprie capacità.

Non sembra ci sia altro da aggiungere. “IV Et Lux Perpetua”, pur senza far gridare al miracolo, rimane un lavoro coraggioso, di impatto e degno d’attenzione.
Il songwriting fresco e l’ottima preparazione tecnica dei nostri riescono a fare la differenza, facendo emergere il disco dalle numerose uscite provenienti dalla Gran Bretagna.

Emanuele Calderone


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Tracklist:
01- Et Lux Perpetua
02- Death Becomes Us
03- Bleak Endless Winter
04- Father
05- Graven Years
06- My Silent Wake
07- Between Wake and Sleep
08- Journey’s End

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