Recensione: Kirves Fabula

Di Alessandro Calvi - 9 Dicembre 2013 - 11:33
Kirves Fabula
Band: LuminaNocte
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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75

Spesso i demo si presentano come veri e proprio album. Produzione più che buona, se non addirittura ottima (a volte perfino migliore di alcuni dischi usciti sotto etichette poco professionali), lungo minutaggio, molte tracce, alcune volte anche un concept a fare da filo conduttore della tracklist. A maggior ragione, quindi, è normale aspettarsi un prodotto di alto livello quando a sfornarlo è una band come i LuminaNocte, attiva, seppur agli inizi con il monicker Selen, fin da metà anni novanta.

“Kirves Fabula” si apre con la titletrack, una lunga intro strumentale che ci cala nelle atmosfere e nelle sonorità dell’album.
Si comincia a fare sul serio, però, solo con “Cold Dust”, seconda traccia della scaletta. Gli ingredienti ci sono già tutti: il sound dei LuminaNocte affonda le radici nel periodo d’oro del gothic con chitarre pesanti, voce growl, tastiere che creano un tappeto che dà spessore ai brani, senza divenire ammorbanti, passaggi più lenti e oscuri, al limite del doom. Il songwriting, poi, spezza le composizioni con frequenti cambi di ritmo e d’atmosfera con alcuni passaggi di voce parlata e chitarre acustiche che danno maggiore ariosità ai pezzi, infrangendo quel mood oscuro che permea le canzoni e dando un po’ di respiro all’ascoltatore.
Qui e là si sente l’impronta che i primi gruppi gothic-metal hanno avuto sulla band, echi di Tiamat e Anathema si ricorrono per tutta la durata di “Kirves Fabula”. Normalmente questo sarebbe un elemento valutato non del tutto positivamente, in quanto l’originalità è per noi sempre un valore aggiunto. In questo caso, però, siamo portati a fare uno strappo alla regola. In un mercato subissato di uscite fatte con lo stampino e in un panorama underground in cui i gruppi fanno a gara per assomigliare il più possibile a quelli che già son riusciti a strappare un contratto (a loro volta copiando e rifacendo quanto fatto da altri prima di loro), non possiamo che apprezzare chi esce dal seminato e si pone sul sentiero aperto dai grandi padri del genere, piuttosto che su quello delle vendite facili.
Detto questo, però, è doveroso sottolineare come i riferimenti, gli echi già citati dei primi Tiamat, degli Anathema, dei My Dying Bride, sian appunto questo: echi. Per quanto l’atmosfera di certi brani possa riportare alla mente le sensazioni che gli album di quelle band facevano (e, in alcuni casi, fanno ancora) provare, le canzoni dei LuminaNocte vivono di vita propria. Non si tratta, quindi, di sterile copia, bensì di aver fatto propria una determinata scuola di pensiero, di aver interiorizzato determinate scelte stilistiche e di sound, per poi riproporle attraverso la lente delle proprie emozioni, sensazioni e capacità.

Per concludere, questo “Kirves Fabula” si presenta come un album a tutto tondo, pronto ad andare in stampa, così com’è, anche domani. I LuminaNocte sfornano un demo che denota una maturità e una qualità sotto il profilo del songwriting e degli arrangiamenti degna di una band già navigata. Inoltre, cosa forse più importante, ci mostra un gruppo che non si lascia irretire dalle sirene delle mode passeggere, ma sceglie di proporre un sound che si rifà al vero gothic-metal, seppur parzialmente attualizzato. Che sia questa una scelta in grado di pagare dipenderà dalla lungimiranza, o meno, delle case discografiche. Noi, dal canto nostro, non possiamo che plaudire alla loro decisione e invitarli a continuare così, perchè la consideriamo la strada giusta.

Alex “Engash-Krul” Calvi

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