Recensione: Les Fleurs du Mal

Di Alessandro Calvi - 25 Ottobre 2012 - 0:00
Les Fleurs du Mal
Band: Therion
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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65

I Therion, lo sappiamo, son un gruppo che fatica a stare fermo. Sempre in continua evoluzione e cambiamento. Il mastermind Christofer Johnsson è persona incapace di rimanersene adagiata sugli allori e, ciclicamente, quando gli sembra di aver dato tutto il possibile, rivoluziona completamente la formazione in cerca di nuovi stimoli. Qualche piccola trasformazione c’è stata anche prima di questo ultimo “Les Fleurs du Mal”, ma, ciò che spicca subito agli occhi, prima ancora di ingressi e uscite dal gruppo, è la scelta di auto-produrre il disco. Una decisione per certi versi obbligata, dato il passo indietro dell’etichetta Nuclear Blast di fronte al progetto prospettato da Johnsson. Ecco, quindi, che il mastermind dei Therion, invece di rivedere le sue aspirazioni e inclinazioni, ha deciso di andare avanti a testa bassa e sganciare di tasca propria i 75.000 euro necessari alla realizzazione di questo CD. Andiamo dunque a vedere se si è trattata di un’idea oculata o meno.

Appena si prende l’album in mano e si dà una scorsa alla tracklist ci si rende subito conto che i titoli delle canzoni son tutti in francese. Messo il dischetto nello stereo e schiacciato il tasto play, si ha la conferma che anche i testi sono nella medesima lingua.
Che si sarebbe trattato di un concept, liberamente ispirato all’omonima raccolta del poeta decadente Charles Baudelaire, era noto, ma non che ci si sarebbe spinti fino a scrivere tutto il disco in francese. E in effetti non si tratta di una composizione vera e propria: le 16 tracce della scaletta, infatti, sono altrettante cover di canzoni romantiche (appunto francesi) degli anni ’60 e ’70. Il lavoro di songwriting, dunque, si è concentrato esclusivamente sull’adattare, più o meno, i brani allo stile dei Therion, aggiungendo chitarre, orchestrazioni operistiche, linee vocali e cori.
La domanda che sorge spontanea, a questo punto, è: e il metal?
Effettivamente di metal se ne respira pochino lunga tutta la durata del disco. Certo, qui e là fa la sua comparsa sotto forma di chitarre distorte e/o di batteria in doppia cassa, così come a tratti possiamo cogliere anche l’essenza pura dei Therion che meglio conosciamo, ma son solo briciole. La realtà è che la vera anima di questo album è proprio quella delle canzoni romantiche francesi di cui udiamo le cover.
Dopo un inizio maestoso e magniloquente, merito soprattutto della soprano Lori Lewis, con una “Poupée de Cire, Poupée de Son” a cui il restyling ha dato un bel po’ di sostanza, tra chitarre, basso, batteria e partiture orchestrali (si tratta, però, solo della prima delle due versioni dello stesso brano presenti in scaletta, la seconda è meno aggressiva e potente), in cui si sente davvero aria di Therion, tocca a “Une Fleur Dans le Coeur”. La seconda traccia, al contrario della prima, incarna perfettamente l’anima di questo disco. Chitarre acustiche o, se elettriche, tenute ben a freno e sottotono, passaggi quasi acustici o con il solo accompagnamento delle tastiere e/o dell’orchestra. Tutta l’attenzione puntata quasi esclusivamente sulla voce della soprano o dei cori. Per quanto bella come canzone, presa in sé e per sé, e per quanto interessante l’arrangiamento, se ci si dovesse basare solo questo pezzo per la valutazione del disco (senza dimenticare che dovrebbe trattarsi di un CD metal), il voto sarebbe probabilmente insufficiente.
Non che le cose, purtroppo, vadano molto meglio nel resto del platter.
Belle musiche, gran belle canzoni (ma nella maggior parte dei casi eran già molto belle le versioni originali e la “cura Therion” non ha stravolto nessuna delle composizioni, né in peggio né facedogli fare chissà quale salto di qualità), ma, soprattutto, (lo so, ci stiamo ripetendo) ben poco metal. Quel poco che si riesce a cogliere viene principalmente dagli sparuti interventi di Snowy Shaw, pare alla sua ultima partecipazione a un disco dei Therion per divergenze stilistiche.
Per il resto non vi è molto da aggiungere. Johnson era sicuramente cosciente di fare un passo davvero molto rischioso decidendo di realizzare un disco di tal fatta e il rifiuto della Nuclear Blast di produrre il progetto, forse, avrebbe dovuto portarlo a più miti consigli. Il mastermind dei Therion, invece, ha preferito proseguire per la sua strada senza guardare in faccia a nessuno, convinto che i fan lo avrebbero ripagato della sua scelta.
Che il disco sia bello è una realtà assodata, ma, al di là del fatto che non è detto che il pubblico se ne accorga, il merito, più che di Johnson, è delle canzoni scelte per comporlo. Si tratta, insomma, di una sorta di “best of” di canzoni romantiche francesi degli anni ’60 e ’70, di volta in volta riarrangiate in maniera un po’ più metal o adattate per essere cantate da una soprano, grosse differenze rispetto agli originali, però, non sembrano esserci. Come giudicare, quindi, un disco che vorrebbe presentarsi come metal (per quanto atipico, come un po’ tutti gli album dei Therion), ma che non lo è quasi per nulla? Basta questo per bocciarlo senza appello? O, al contrario, è sufficiente mettere insieme tante belle canzoni di altri, per sfornare un capolavoro? Forse né l’una né l’altra decisione sarebbe quella giusta.
Rimane comunque un leggero amaro in bocca, come la sensazione di trovarsi di fronte a un esperimento, a un progetto, più autoreferenziale che rivolto al pubblico. Come se Johnsson, forse perchè grande amante di queste canzoni, avesse deciso di mettersi alla prova e di realizzare un disco per il proprio piacere personale e l’abbia poi condiviso con il suo pubblico. Purtroppo non è sempre detto che ciò che piace a uno, piaccia anche agli altri.

Per concludere sembra che, per una volta, Christofer Johnsson abbia fatto il passo più lungo della gamba. Forse avrebbe fatto meglio a seguire l’implicito consiglio della sua etichetta ed orientarsi verso qualcosa di più canonico. Questo “Les Fleurs du Mal”, infatti, risulta in definitiva né carne né pesce. Di certo non è un disco metal, in quanto ve ne è troppo poco per poterlo inquadrarlo in questo genere musicale. Dall’altra parte è anche un album in buona misura NON originale, dato che è composto esclusivamente da cover, per quanto riarrangiate (ma, come visto, non in chiave metal e forse fin troppo simili agli originali). Le musiche, le orchestrazioni, le canzoni, indipendentemente da chi ne sia l’autore, sono, però, di alto livello, quindi il nostro consiglio è quello di dargli comunque un ascolto. Molti, se gli concederanno una opportunità senza preconcetti, potrebbero anche trovarlo di loro gradimento e apprezzarlo profondamente (come, non lo neghiamo, è accaduto anche a noi). Da un autore come Johnsson e da una band come i Therion, però, ci saremmo aspettati maggiore originalità o, quantomeno, se proprio si volesse salvare l’idea del disco di sole cover (in fondo anche altri han già fatto qualcosa di simile), un più alto grado di personalizzazione delle tracce.

Tracklist:
01 Poupée de Cire, Poupée de Son
02 Une Fleur Dans le Coeur
03 Initials B.B
04 Mon Amour, Mon Ami
05 Polichinelle
06 La Maritza
07 Soeur Angelique
08 Dis Moi Poupée
09 Lilith
10 En Alabama
11 Wahala Manitou
12 Je N’al Besoin Que de Tendresse
13 La Licorne D’or
14 J’al le Mal de Toi
15 Poupée de Cire, Poupée de Son
16 Les Sucettes

Alex “Engash-Krul” Calvi

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