Recensione: Lione/Conti

Di Luca Montini - 29 Gennaio 2018 - 0:00
Lione/Conti
Band: Lione/Conti
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2018
Nazione:
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65

Nel microcosmo di progetti paralleli e collaborazioni tra gli interpreti più rappresentativi del mondo del metal ospitati da Frontiers Records, sulla scia del celebre progetto Allen/Lande (4 album dal 2005) siamo giunti all’incontro (im)possibile tra le due voci dei Rhapsody: da una parte lo storico Fabio Lione (Angra, Vision Divine, Eternal Idol), dall’altra la voce più giovane dei Luca Turilli’s Rhapsody, Alessandro Conti (Trick or Treat), entrambi peraltro rispettivamente in uscita a febbraio anche con gli Angra e con il party-album dei Trick or Treat. Due tra gli interpreti più importanti del metal italiano contemporaneo, dalle timbriche immediatamente riconoscibili che ogni giorno colorano di sana epicità la vita di migliaia di ascoltatori in giro per il mondo. L’incontro-scontro di due amici a suon di musica è ricco di significato in un’epoca in cui l’eredità dei Rhapsody ad oltre vent’anni dalla fondazione è spartita da tre band distinte: i temporary Rhapsody Reuinion, con Lione alla voce assieme a Luca Turilli, Dominique Leurquin, Patrice Guers e Alex Holzwarth; i Luca Turilli’s Rhapsody di Alessandro Conti temporaneamente in stand-by per via della reunion (la formazione è la stessa di sopra ma con Alex Landenburg alla batteria ed Alessandro al posto di Fabio al microfono); ed infine i Rhapsody of Fire di Alex Staropoli, storico co-fondatore della band, che hanno recentemente presentato una nuova line-up con Giacomo Voli alla voce. Fatto questo preambolo, del tutto pleonastico ai fini dell’analisi del disco ma doveroso per i numerosi fan che trovano più facile la risoluzione di equazioni differenziali rispetto al comprendere le recenti vicende rhapsodyane, è d’obbligo parlare in apertura anche di Simone Mularoni, vera mente dietro al progetto ed autore di tutti i brani e delle composizioni, chitarrista e mastermind dei DGM nonché produttore tra i più importanti al mondo (suoi i Domination Studios di San Marino) per il nostro genere preferito.

Già dall’ascolto del primo singolo “Ascension” era facilmente delineabile il percorso intrapreso da questo lavoro, più legato al prog-power metal raffinato dei DGM che al power epico della band di Turilli e Staropoli o quello più sperimentale-iperprodotto dell’ultimo Turilli. L’album nella sua forma ultima non devia mai da queste coordinate, risultando prevedibile sia nei pregi che nei difetti. Produzione di altissimo livello, suoni potenti e bombastici, ottimo lavoro alla chitarra ed al basso del maestro Mularoni e due voci che si stagliano contro il firmamento delle imponenti tastiere, più ricca di sfumature e calda quella di Fabio, altissima quella di Alessandro, nell’incontro-scontro tra il leone ed il cigno nero raffigurato nell’artwork.
Evidenti almeno quanto i punti di forza, anche i limiti di questo progetto. Il songwriting è raffinato e complessivamente godibile, ma privo di brani davvero capaci di svettare, restituendo l’impressione di un disco di maniera e fin troppo algido anche dopo numerosi ascolti. Oltre ad un senso di freddezza che è tipico di questi dischi concepiti ‘a tavolino’, manca forse una direzione artistica ben precisa, un qualcosa che renda Lione/Conti qualcosa in più di una manciata di belle canzoni stile DGM cantate da Fabio Lione ed Alessandro Conti. Mi viene da citare un disco ha poco a che fare con questo lavoro, sempre concepito in studio, sempre di casa Frontiers: “Dracula: Swing of Death” di Trond Holter (autore) e Jørn Lande, a parere di chi scrive il miglior disco del 2015. Un progetto concepito senza una vera band, ma con un carattere distintivo ed una direzione artistica chiara fin da subito, che prende una bella voce e confeziona un lavoro compiuto in cui il tutto è maggiore della somma delle parti.
Tornando al disco oggetto della disamina, in Lione/Conti si susseguono brani non troppo immediati e dalle linee melodiche scritte per esaltare le doti canore dei due interpreti, alternando momenti più alti, come nella già citata  “Ascension” e l’ottima “Outcome”, ad altri più discreti come in “You’re Falling” (stranamente proposta come secondo singolo), con un refrain che potrebbe trovarsi in uno qualsiasi tra i millemila progetti ed apparizioni in qualità di special guest di Lione. Si riprende ma senza particolari sussulti la power ballad “Somebody Else”, con apertura di pianoforte e con gli strumenti che si aggiungono via via, fino al bel solo di Simone. Seguono due brani con una sola voce alla volta, che oltrepassati i vincoli della par condicio permettono ad entrambi di dare il massimo, con risultati davvero ottimi sia in “Misbeliever” che in “Destruction Show”. Bella anche la tiratissima “Glories”, con un’interessante sfida da “marchi di fabbrica” nel refrain, dal vibrato strepitoso di Fabio Lione alle tonalità altissime di Alle Conti. Bene anche il trittico in chiusura, con la melodica “Truth”, la tiratissima “Gravity”, seguita dal mid-tempo “Crosswinds”.

Pur mostrando un grande potenziale, forse sviluppabile con una futura release, il progetto Lione/Conti debutta in modo non del tutto convincente. Il lavoro troverà certamente il favore dei fan delle due voci dei Rhapsody per un piacevole ascolto, ma senza ambire ad una particolare longevità, senza riuscire a reggere il confronto con i capolavori ai quali questi grandi artisti ci hanno abituati. A mancare in Lione/Conti, come evidenziato nella disamina, è una direzione artistica ben precisa, una ragione in più per ascoltare questo album oltre quella meramente estetica di riunire due grandi voci in un solo disco.

 

Luca “Montsteen” Montini
 

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