Recensione: Lost To The Living

Di Giuseppe Abazia - 28 Settembre 2008 - 0:00
Lost To The Living
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Anno: 2008
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72

I Daylight Dies, con No Reply, avevano gettato ottime basi per un futuro brillante, che li vedeva catapultati, di lì a poco, nel firmamento del death/doom come uno degli acts migliori del genere; quattro anni dopo, l’ancor migliore Dismantling Devotion confermava la bontà della proposta del gruppo, imponendosi come un lavoro ottimo sotto tutti i punti di vista, tuttavia non ancora capace di fargli fare il salto definitivo che li avrebbe messi al pari con altri mostri sacri del genere; ora, nel 2008, è la volta di Lost to the Living, album la cui qualità si assesta più o meno sullo stesso livello del precedente album, e che al pari di esso ancora non permette ai Daylight Dies di varcare la linea. Messa così, potrebbe sembrare che Lost to the Living sia un disco trascurabile: nulla di più sbagliato. Pur non rappresentando la definitiva consacrazione della band, questa loro ultima fatica è un degno esempio di come del buon death/doom melodico e d’atmosfera andrebbe suonato.

La formula adottata dai Daylight Dies sostanzialmente non è cambiata: generale mid-tempo, melodie malinconiche e nostalgiche, lavoro di chitarra solista estremamente curato, stacchi acustici, occasionali tastiere di background a supportare l’atmosfera, growl dal forte impatto, e sporadici interventi di voce pulita. Il sound del gruppo, pur rimanendo sempre coerente con la sua cupezza, non è mai troppo ostico (complici anche delle sezioni abbastanza veloci, che quasi confinano col death metal melodico), rendendo Lost to the Living un prodotto indirizzato non solo a chi mastica pane e doom, ma anche (e forse soprattutto) a chi apprezza un tipo di malinconia più delicato e soffuso, assimilabile a quanto proposto da gruppi come Opeth e Novembre. Vero valore aggiunto del gruppo è il cantante, che esibisce un growl eccezionale sia per potenza che per espressività, ed è in grado di sostenere adeguatamente sia le sezioni più violente che quelle più dimesse. La qualità delle canzoni, d’altra parte, è evidente: costruite con intelligenza e attenzione, sono sufficientemente varie da catturare l’ascoltatore per tutta la durata del disco, sorprendendolo ora con un passaggio acustico particolarmente evocativo, ora con una melodia di chitarra particolarmente coinvolgente, ora con un’accelerazione particolarmente azzeccata. Ma cos’è, allora, che non permette a Lost to the Living di decollare defintivamente? Fondamentalmente una sola pecca: la sua forte somiglianza col predecessore Dismantling Devotion (che rimane ancora adesso il miglior episodio discografico del gruppo). Chi aveva apprezzato quell’album sarà felice di sapere che tutte le sue caratteristiche positive sono confermate nel nuovo disco, ma a distanza di due anni era lecito aspettarsi qualche soluzione nuova, qualche guizzo di originalità, soprattutto in considerazione del valore dimostrato dai musicisti coinvolti. E invece no: Lost to the Living è una ripetizione abbastanza pedissequa di territori già battuti. Una ripetizione elegante, qualitativamente ottima… ma pur sempre una ripetizione, ed è difficile, durante l’ascolto, scrollarsi di dosso la sensazione di “già sentito”.

Un’uscita controversa, questa dei Daylight Dies: da un lato, abbiamo un album composto dignitosamente, con diversi assi nella manica, e complessivamente decisamente sopra la media. Dall’altro lato abbiamo una mancanza abbastanza lampante di novità e di spunti interessanti che non avessimo già ascoltato in precedenza, ed è una lacuna, questa, che finisce per detrarre dal valore dell’opera. I fan dei Daylight Dies, dunque, acquistino senza indugi Lost to the Living: ritroveranno tutto ciò che avevano amato. Chi aveva apprezzato gli altri platter del gruppo, ma non ne era rimasto poi troppo catturato, valuti attentamente l’acquisto di un disco che sostanzialmente non aggiunge nulla di nuovo. Chi, infine, voglia avvicinarsi ai Daylight Dies, farebbe bene a dare la precedenza a Dismantling Devotion, che resta qualche gradino più in alto per via della sua maggiore freschezza compositiva.

Giuseppe Abazia

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Tracklist:
1 – Cathedral (07:14) (mp3)
2 – A Portrait in White (05:02) (mp3)
3 – A Subtle Violence (05:40)
4 – And a Slow Surrender (03:27)
5 – At a Loss (06:26)
6 – Woke Up Lost (05:23)
7 – Descending (05:20)
8 – Last Alone (04:59) (mp3)
9 – The Morning Light (07:57)
 

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