Recensione: Lumen

Di Tiziano Marasco - 24 Marzo 2013 - 17:06
Lumen
Band: Ivalys
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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55

Ehi, ma che bella intro. Sarà solo un giro di basso, ma é suonato con molta raffinatezza, crea delle belle prospettive, potrei trovarmi davanti un incrocio di End of Green e Lake of tears con voce femminile alla Epica e…

No, niente, scusate ho sbagliato. 

Sinceramente non so come abbiano fatto a salirmi in mente tutte queste idee nei primi dieci secondi del disco ma è innegabile che all’irrompere della band, all’attacco del primo, stereotipatissimo riff all’inseguimento del perfetto incontro tra Evanescence ed In Flames il mio cuore non abbia retto. Un senso di delusione se non quasi di irritazione e immancabile noia. Tanto più che gli Ivalys, quintetto di giovincelli francesi, ricalcano tutti gli silemi della female fronted neogothic band, sia nel look che nella storia, vale a dire un demo nel 2011 seguito appunto da questo primo full-length.

E come tutti i gruppettini gothic che vanno così forte al giorno d’oggi, anche gli Ivalys hanno lo stesso limite. Vorrebbero essere gli After Forever o gli Epica, ma sono ben consci di non esserne in grado; un po’ perché privi dell’esperienza necessaria e un po’ perché privi di un budget che possa pompare decentemente le song con produzioni imponenti. E quindi che si fa? Si ricorre al modello più povero e terra terra, normalmente noto come Evanescence, e, per paura di sembrare troppo commerciali, lo si carica con una base death melodica tipo Dark  Tranquillity di Haven e con un paio di growl qua e là. Su tutto questo ovviamente si innesta una voce femminile con buone influenze operistiche, per un effetto che, ad ogni modo, trasuda eleganza ma, intuibilmente, non è scevro da difetti. Buona parte delle canzoni di Lumen infatti trascorrono senza lasciare traccia, sebbene ciò non sia da imputare soltanto ad una mancanza di idee. Sembra infatti che il songwriting non sia in grado di supportare a dovere la voce di Jessica Donati, e stiamo parlando di un genere in cui il suono, nel 98% dei casi, viene costruito attorno alla voce della cantante ma che solo nel 2% dei casi dona risultati emozionanti (Epica ed After forever appunto).

D’altra parte, va riconosciuto il fatto che le varie composizioni non inseguano il facile ritornello ma cerchino trame un po’ più complesse, ed è forse anche per questo che buona parte delle melodie risulta poco efficace. Impressioni confermate dagli ultimi tre brani in scaletta, dove il minutaggio è più consistente, dove la band si prende qualche libertà e dove finalmente la musica prende quota. In particolare The Passengers e Fragments risultano vincenti poiché gli Ivalys non si preoccupano eccessivamente di inseguire ritmi serrati e anzi, spaziano tra varie influenze, riproponendo anche intervalli suggestivi sulle orme dei già nominati End Of Green.

Dacché potremmo anche chiederci se l’estro dei cinque non sia stato eccessivamente contenuto dalla casa discografica in sede di registrazione, e che Lumen avrebbe potuto essere di ben altra pasta se composto da meno canzoni, ma tutte sopra i sei minuti. Ma questi dubbi potranno essere fugati solo con un eventuale secondo long play. Per ora ci si limita a constatare che anche in questo caso la ricerca della nuova sensazione nel panorama del female-fronted-gothic-rock, non ha prodotto gli esiti sperati. 

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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