Recensione: Madness Of Love

Di Stefano Ricetti - 21 Dicembre 2018 - 10:15
Madness Of Love
Band: Death SS
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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70

Al crepuscolo del 2018 giunge il secondo singolo estratto dall’album Rock’N’Roll Armageddon, da parte dei Death SS. Apripista fu il pezzo omonimo, licenziato intorno a maggio sotto forma di 7”, a mo’ di antipasto del full length che avrebbe visto la luce solamente a settembre.

Madness Of Love, oggetto della recensione, esce in formato Cd per Lucifer Rising/Self, inanellando tre pezzi: “Madness Of Love”, “Cat People (Putting Out Of Fire)” e “20th Century Boy”. Ad accompagnarlo una copertina che è tutta un programma e una bella foto interna della band, in posa “statuaria” – è proprio il caso di sottolinearlo… –  scattata da Samuele Valente all’interno di un convento di suore di clausura abbandonato, a Lucca, ove sono state anche girate le riprese del videoclip relativo.

La scelta, da parte degli Innominabili, di orientarsi su “Madness Of Love” come ulteriore estratto da ‘Armageddon, è motivata dal fatto che, dopo un brano anthemico e diretto quale la title track, si voleva incarnare l’altra faccia della medaglia dei loro suoni, quelli in chiaroscuro che non si fanno mancare una quota parte di melodia. La canzone, così come già sottolineato lungo la recensione dell’album, è incentrata su di una interpretazione quasi sussurrata da parte di Steve Sylvester che riporta a certe pulsioni dark tanto in voga anche nel nostro paese negli anni Ottanta. Il ritornello, liberatorio, proietta la luce su di un pezzo che tratta l’amore come l’unica via percorribile per certune, vere, azioni magiche…

La scelta di abbinare a questo secondo singolo due cover, già pubblicate all’interno del tributo a David Bowie e Marc Bolan (qui recensione) uscito nel 2017 per la Black Widow Records, suona particolarmente azzeccata, nonostante “Cat People (Putting Out Of Fire)” e “20th Century Boy” siano state selezionate illo tempore solamente perché ritenute quelle più adatte ad una rilettura efficace da parte dello stesso Combo Maledetto.

La prima delle due, seppur rimanendo vicina all’originale del Duca Bianco, risulta accresciuta dalla potenza che i Death SS sanno imprimere ai loro pezzi, da segnalare uno Steve Sylvester sciamanico, pienamente calato nella parte, particolarità che si evince in maniera evidente nella parte iniziale della canzone, ove le affinità elettive fra la band fiorentina e Bowie raggiungono il cilmax. Ben innestato anche il coro sul finale, impreziosito dalla presenza di Romina Malagoli, corista in forza alla band da parecchi anni, nonché solista sulla canzone “Temptation”, uscita con il singolo Dionysus.

20Th Century Boy” di Marc Bolan incarna ancora oggi un inno generazionale e la premiata ditta Sylvester & Co. lo interpreta alla Death SS maniera con la dovuta reverenza rock’n’roll, riuscendo nell’impresa di riavvolgere il nastro sino al 1973, mantenendo per quanto possibile il mood Seventies del brano, nonostante i suoni del 2017! C’è poco da fare: nel momento in cui una band si cimenta, per volontà del proprio team principal, alla rivisitazione di un artista con il quale è cresciuta in tempo reale, il feeling e la profondità che ne consegue non ha eguali. Come già puntualizzato precedentemente, Sua Maestà il Signore delle Tenebre ha il sangue impregnato di anni Settanta e si vede – ops… si sente – alla grande anche in quest’occasione.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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