Recensione: Nightflight To Paradise

Di Mauro Gelsomini - 17 Giugno 2004 - 0:00
Nightflight To Paradise
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Anno: 2004
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64

I finnici House Of Mirrors, attivi fin dal 1993 con svariati demo alle spalle, giungono solo ora al debutto, tramite un contratto con la Escape Music che vede realizzati i sogni di Jaakko Nitemaa, chitarrista che non perde mai la speranza nel continuare ad insegnare musica in una scuola locale, di Pekka Rautiainen, vocalist che intraprende con successo la carriera solista con un fortunato disco pop inciso sotto EMI, e fruttatogli uno show da cinquantamila persone come opener di Tina Turner, e di Jimbo Mäkeläinen, già noto per la sua militanza negli Iron Cross.

Il disco vede la luce a 10 anni anni dalla formazione, mixato – o per meglio dire “lustrato” – nei Finnvox studio, con l’ingrediente vincente al giorno d’oggi dell’ospite d’onore, nel caso dei nostri l’ex HIM Juha Paananen al basso, per presentare su un mercato ormai inflazionato un disco AOR a tutto tondo, decisamente scandinavo sia nella produzione che nella composizione: classica intro di tastiere e “Spirit Of Freedom” non ha il tempo di partire che già l’ascoltatore è lì a cantarla, seguendo un giro di basso sulla scia di quelli che fecero grandi le song di Bon Jovi, con riferimento particolare a “Livin’ On A Prayer”, anche se il chorus è meno altalenante e più pacato, allo stesso modo cantabile. Sarà questo il motivo conduttore del platter, che si snoderà tra strofe non sempre ficcanti e refrain raramente sensazionali, come in “Glory Days”, che nel piacevole e tranquillo stile Toto si perde talvolta in un intimismo che non cattura, salvo poi sfuriare nel riffing ossessivo, poco arioso, e contrastante – è il caso di “Heart Is The Key” – troppo in evidenza rispetto alle voci, che pur facendo un interessante lavoro di contrappunto sul lungo ritornello, non riescono a distogliere l’attenzione su un sound, e soprattutto su un volume, di chitarra da dimenticare.
Non possono mancare le ballad, la banale e strascicata “Deep Inside” da un lato, e la suadente e sognante “Long Lost Love”, dal riff acustico adatto all’atmosfera da buonanotte.
Dominano ad ogni modo i pezzi à la Toto, come “Top Of The World”, le cui linee voali non sono ahime vincenti; “Searching For My Soul”, up-tempo reattivo in cui si tenta di innestare qualche linea vocale fuori standard tra soluzioni del tutto melodiche, specie nelle chiusure, ai limiti del pop-rock; la title-track, che si mantiene sui livelli del refrain della opener, senza alti né bassi, ma godibile e cantabile; la conclusiva “Move On”, dall’atmosfera da tipica summer-song.
Le due punte di diamante sono forse “Deliverance”, in cui la voce di Pekka si “dickinsonizza” sulle strofe per uno slow-tempo sincopato che torna con decisione all’ariosità tutta aor del refrain, e “Alive”, classic AOR dal riffing tagliente, ruggente la strofa, travolgente il bridge, accattivante il refrain, probabilmente sarebbe stato troppo chiedere un chorus omicida… Accontentiamoci del gustoso quanto classico salto di tono sul finale…

In conclusione, un album che lascia diverse perplessità, dovute probabilmente alle saltuarie scelte di allontanarsi dal seminato inserendo melodie ai limiti della dissonanza. Non premierei la ricerca dell’originalità, perché di originalità, in questo genere, non si può certo parlare.

Tracklist:

  1. Intro
  2. Spirit Of Freedom
  3. Glory Days
  4. Heart Is The Key
  5. Deep Inside
  6. Top Of The World
  7. Deliverance
  8. Alive
  9. Long Lost Love
  10. Searching For My Soul
  11. Night Flight To Paradise
  12. Move On

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