Recensione: Operation Misdirection

Di Andrea Bacigalupo - 12 Agosto 2018 - 21:32
Operation Misdirection
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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83

To Thrash’: il verbo dal quale, negli anni ’80, è derivato il nome dello stile più aggressivo dell’Heavy Metal. Il termine vuol dire ‘battere e percuotere’, ma, se andiamo oltre il dizionario e ci riferiamo al nostro genere musicale, indica anche evoluzione: il colpo che un ominide sferrò con un bastone contro un tronco, ad esempio, fu il primo suono non naturale. Il secondo colpo sarà stato diverso dal primo ed il terzo da entrambi e così via: da qui la nascita della musica e la sua evoluzione, la sua crescita.

Crescita che continua ancora oggi, come dimostrano dal 2009 i torinesi  Ultra-Violence, già autori di validi lavori quali ‘Privilege to Overcome’, Full-Length d’esordio del 2013 e ‘Deflect the Flow’, uscito nel 2015.

Ora è la volta di ‘Operation Misdirection’, terzo album pubblicato il 27 luglio 2018 attraverso la label Candlelight Records.

In questo lasso di tempo il combo di strada ne ha fatta parecchia, anche se oggi, della formazione originaria, ne rimane solo il cinquanta per cento: Loris Castiglia, cantante e chitarrista, e Andrea Vacchiotti, chitarrista. Per il nuovo album sono stati reclutati i veterani Andrea Lorenti al basso, già nei Fragore, e Francesco La Rosa alla batteria, militante in diverse band tra le quali citiamo gli Extrema, senza togliere alcuna importanza alle altre.

Con ‘Operation Misdirection’ il passo in avanti è evidente, soprattutto per quel che concerne la ricerca di una propria personalità, attraverso l’introduzione di atmosfere che si distaccano dal Thrash vecchia scuola, mantenendo però  le sensazioni di cattiveria ed aggressività che contraddistinguono il genere, anche nei momenti dove si manifestano disperazione e malinconia.

In poche parole gli Ultra-Violence riescono dove molti gruppi hanno fallito negli anni ’90, quando hanno provato a mantenere vivo l’interesse per il Thrash mischiandolo con altri generi, ottenendo scarsi risultati.

Invece il combo torinese lavora, come già detto, sulle atmosfere, passando da momenti feroci ad altri più melodici e spezzando la violenza nei punti giusti sostituendola con l’angoscia e la disperazione.

Questo amplia la strada lungo la quale il Thrash si muove, senza fuoriuscite dai cigli e portando a galla qualcosa di nuovo, elemento del quale in questo periodo c’è tanto bisogno …

L’esperienza maturata vien fuori tutta: una voce giusta, al vetriolo ma senza esagerazioni, modulata correttamente a seconda del momento da far vivere all’ascoltatore.

Assoli ben strutturati che seguono il brano integrandosi in esso, senza essere meri esercizi e dimostrazioni di bravura.

Una sezione ritmica detonante, con il basso che ritaglia bene i suoi spazi diventando protagonista ed una batteria inclemente.

E poi l’uso di parti narrate, di brevi inserti elettronici e di tastiere che danno un valore aggiunto, così come l’ecletticità del songwriting e la scelta di produrre un disco dalla durata più breve rispetto ai precedenti: meno di quaranta minuti contro quasi un’ora degli altri due, durata che ha dimostrato, per molti lavori di artisti anche di altissimo calibro, che può portare ad un po’ di noia al di là della validità dei pezzi.

Con otto brani, come tanti vinili di una volta, gli Ultra-Violence dimostrano di avere un ampio repertorio sonoro, lasciando chi ascolta sempre sul chi vive. 

L’album inizia con ‘Cadaver Decomposition Island’, violento, veloce e ruvido arriva dritto al canale uditivo strappandone via il timpano; sembra un brano semplice, messo all’inizio per far accelerare il battito cardiaco, ma poi cominciano i cambi di tempo, che vanno dalla cadenza alla furia scatenata da un’incisiva doppia cassa, ed i passaggi melodici, evidenziati soprattutto dalla chitarra solista. Il pezzo termina con un improvviso stacco acustico in netto contrasto con l’aggressività precedente. Riassumendo: un gran pezzo thrash.

Segue ‘Welcome to the Freakshow’, della quale c’è poco da dire: grande omaggio alla vecchia scuola, con largo uso di chorus ed assoli.

My Fragmented Self’ tira fuori elementi progressive con la sua atmosfera angosciante molto vicina alla trame Death, creando enfasi soprattutto nella sezione suddivisa in assoli pregiati e brevi parti acustiche. Il pezzo non ha nulla a che vedere con quello precedente, ma neanche con quello successivo: ‘The Acrobat’ è un irriverente Thrash ‘n’ Roll, esplosivo ed accattivante, tutto da palco, comprensivo di un pregevole assolo di basso.

Nomophobia’, è moderna sia per la musica che per il contenuto, trattando la paura incontrollata di perdere il contatto con la rete telefonica mobile, stato d’animo che oggi affligge un sacco di persone. Senza nulla togliere agli altri musicisti, bisogna dire che questo è il pezzo dove Loris da il meglio di se.  

Segue la cover di ‘Money for Nothing’ dei Dire Straits, tratta dall’album ‘Brothers in Arms’ del 1985. Il pezzo, scritto da Mark Knopfler e Sting, è più che adatto per essere trasformato in un Thrash deflagrante, soprattutto se si pensa al suo contenuto, che condanna la vita smodata ed esagerata delle rockstar rispetto a chi compie lavori normali. Per onor di cronaca il riff di ‘Money for Nothing’ è considerato uno dei migliori di tutti i tempi e gli Ultra-Violence ne dimostrano un gran rispetto suonandolo alla perfezione.

Siamo in fondo all’opera: ‘The Stain on My Soul Remains’, acustica, cupa e pesante, introduce ‘Shining Perpetuity’, carica di momenti di tenebra e di angoscia, un altro pezzo che vira verso il Death, se si pensa soprattutto alla poesia intermedia, recitata in italiano per far capire bene la disperazione del momento.                                

Infine, anche per la cover di ‘Operation Misdirection’ gli Ultra-Violence si rifanno al film del 1971 ‘Arancia Meccanica’, di Stanley Kubrick, questa volta in modo più duro e crudo rispetto ai lavori precedenti. 

Non abbiamo da aggiungere altro: bell’album, risponde a quello che serve in questo periodo storico: dopo la nascita, il quasi crollo e la rinascita ora è il momento di cercare modernità ed innovazione del Thrash, evitando gli errori passati. Gli Ultra-Violence lo stanno facendo. 

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