Recensione: Paradox

Di Andrea Bacigalupo - 27 Marzo 2019 - 8:30
Paradox
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2019
Nazione:
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85

I Ship of Theseus sono un supergruppo, nato da un’idea del chitarrista Marco Cardona (Krampus, Tystnaden e artista solista) e del cantante Michele Guaitoli (Overtures, Kaledon, Temperance e Vision Of Atlantis) che, per poterla sviluppare, si sono rivolti ad altri nomi noti del panorama Metal italiano: il batterista Paolo Crimi (Exrema, Beerbong e session man), il bassista Giorgio Terenziani (Arthemis, Absynth Aura, Killing Touch) ed il chitarrista Alessando Galliera (Krampus).

Artisti di varie estrazioni dunque, esperti ciascuno nel proprio campo: Melodic Death, Power, Progressive, Gothic, Thrash, Hardcore, Metalcore ed Alternative.

Ed era proprio questa l’idea di Marco e Michele: comporre della musica in cui ogni singolo componente era libero di esprimersi, secondo le proprie influenze, esperienze e cultura musicale. Il risultato, trasformato in undici tracce più intro iniziale ed outro finale raccolte nell’album ‘Paradox’, pubblicato dalla Punishment 18 records e messo in commercio dal 29 marzo 2019, non può che dirsi affascinante e creativo. Un moderno Heavy Metal dove melodia ed aggressività corrono assieme contorcendosi a spirale, come i filamenti a doppia elica del DNA, con i legami, che li tengono uniti, rappresentati dall’anima e dal cuore degli artisti.

Ship of Theseus 450

Paradox’ è ricco, vario ed eclettico, sempre cangiante, con mille sfumature che portano a camminare nell’oscurità ma anche nella luce. Momenti duri si alternano ad altri romantici, la cattiveria del Thrash si unisce alla raffinatezza del Prog, punte di Death saltano fuori all’improvviso per poi inglobarsi in atmosfere gotiche, la forza della batteria viene rincorsa dalle sinfonie orchestrali e tutte queste variabili sonore sono collegate dalla voce di uno dei migliori cantanti italiani (e non solo): melodica, romantica ma anche dura e dirompente.

Non c’è chi cerca d’imporsi sugli altri, il lavoro non è stato costruito su un genere cardine sul quale sono stati innestati gli altri per fare contorno: il tutto è stato amalgamato assieme dando il massimo sfogo alla creatività.     

L’apertura è stata affidata alla breve intro strumentale ‘The Paradox’, l’equivalente di una tenda semitrasparente che, da chiusa, lascia intravedere, in modo offuscato, ciò che sta al di là. L’ascoltatore passa attraverso questa tenda ed il mondo dei Ship of Theseus si rivela. Diventa nitido. 

La partenza vera e propria è affidata a ‘Reborn’, brano che inizia oscuro ed iroso per poi lasciare spazio a strofe melodiche cantate su un ritmo potente e cadenzato. Voci soffuse e maligne s’insinuano nella melodia e l’assolo ha un qualcosa di psichedelico che aumenta il senso di cupezza.

La successiva, ‘Time has come’, aggredisce con ritmiche stoppate ed aumenta l’atmosfera profonda introducendo delle orchestrazioni che si contrappongono alla melodia della voce.

La terza ‘Hear Me Out’ è inizialmente più aperta, con la sua velocità ed un refrain luminoso, poi però cambia: la voce diventa demoniaca ed il ritmo cadenzato ne amplifica l’energia.

Blue’ è carica di varie emozioni: un arpeggio malinconico, l’irruenza del Death e la carica del Power, mischiati assieme con uno splendido cantato arricchito da un’adattissima voce femminile che gioca con quella di Michele, innescando più di un’emozione.

Suspended’ è un brano veloce che non fa prigionieri, mentre ‘Like a Butterfly’ ha un refrain epico ed al contempo dolce inserito in un pezzo duro e tirato.

A questo punto dell’opera si tira un po’ il fiato: ‘The Promise’ è una ballata romantica e dolce, che lascia spazio ad un basso riempitivo e profondo. Pezzo riflessivo che non poteva mancare all’interno di un album così eterogeneo.

Dopo la dolcezza arriva il temporale: una batteria roboante e decisa annuncia ‘Reflections in the Mirror’, dove è la rabbia ad emergere, accompagnata da una ritmica Thrash che meglio non poteva contraddistinguerla.

Ormai siamo quasi alla fine: in ‘The Cage’ è il synth ad esprimersi maggiormente, interrotto da frammenti Death, mentre la conclusiva ‘Wounded’ interseca la velocità e la melodia con un buon groove.

Dopodiché le tende calano di nuovo con ‘Ending’ ed il mondo degli Ship of Theseus rimane limpido ancora per qualche minuto, con una nuova versione di ‘Time has come’, suonata con Greg Bissonette, batterista poliedrico che nella sua vita ha suonato con un sacco di artisti, ad esempio con David Lee Roth, quando si è separato dai Van Halen, con Joe Satriani ma anche con i Duran Duran (eh… cosa si fa per campare!).

Come dice il titolo, ‘Paradox’ parla di alcuni dei paradossi che ogni essere umano, prima o poi, affronta.

In particolare il nome della band prende spunto dal paradosso della nave di Teseo (decimo re di Atene nella mitologia greca), che  esprime la questione metafisica, ossia quella parte della filosofia che si occupa degli aspetti ritenuti più autentici e fondamentali della realtà, che dice che tale nave, conservata intatta nel corso degli anni sostituendo man mano tutti i pezzi deteriorati, alla fine non sia più l’originale ma un’entità nuova che le somiglia, proprio perché non più costituita dai pezzi utilizzati al momento della costruzione.

Il paradosso riguarda anche l’identità della nostra persona, che nel corso degli anni cambia ampiamente, sia nella sostanza che la compone, sia nella sua forma, ma, nonostante ciò, sembra rimanere quella stessa persona.

Da qui l’anima dell’album: i musicisti, come sopra detto lasciati liberi di esprimersi, sono arrivati a trovare una nuova forma.

Forma più che ottima direi, che ha consentito di registrare un album dalle ampie vedute, moderno, senza limiti od imposizioni, ma soprattutto bello da ascoltare. Speriamo che questa straordinaria formazione decida di portare ‘Paradox’ sui palchi e di proseguire nel proprio progetto. Per ora bravi Ship of Theseus!!!  

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