Recensione: Peek Through the Pines

Di Andrea Bacigalupo - 21 Novembre 2018 - 8:30
Peek Through the Pines
Band: My Regime
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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75

Attendiamo i prossimi sviluppi’. Terminavo così la recensione di ‘Deranged Patterns’, album degli svedesi My Regime uscito nel 2017.

A distanza di un anno gli sviluppi sperati ci sono stati … eccome: ‘Peek Through the Pines’, il nuovo album del combo, che sarà sfornato dalla Scarlet Record il 23 novembre 2018, sa di maturazione musicale e sprizza, da ogni poro, voglia di affermare una propria e precisa identità stilistica.

Come non è cambiata la label, così non è mutata la formazione, forte del detto ‘squadra che vince non si cambia’. C’è però stata una svolta nel songwriting: sempre più lontani dal gruppo che li aveva ispirati, ossia gli Slayer, i My Regime diventano alquanto eclettici e progressivi, dando al Thrash una dimensione diversa rispetto a quanto ci avevano abituato.

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Prima di tutto, nel nuovo lavoro, non tengono per forza il piede pigiato a fondo sull’acceleratore, anzi, in alcuni casi lo tolgono del tutto senza però rinunciare alle altre loro caratteristiche: la forza e la pesantezza.

Il risultato sono una serie di brani che assomigliano alla lava fiammeggiante che, eruttata da un vulcano, scende lenta ma inesorabile.

Nella maggior parte delle tracce, a tempi cadenzati e a ritmi a velocità controllata, vengono affiancate sezioni lente e fosche, con assoli ricchi ed articolati, il tutto legato da una pesantezza maligna e dalla stessa forza che ha il martello che batte sull’incudine per forgiare il metallo incandescente nelle più svariate forme.

Peek Through the Pines’ è un album studiato, carico di passione e sfumature, che nulla lascia al caso e mette bene in luce le capacità degli artisti (svedesi, tanto per cambiare). Prima di tutto quella del vocalist Spice, maturata rispetto al passato e più adatta ai ritmi dei nuovi brani che non alle tirate iperveloci, ma anche quella di Alexander Sekulovski, bassista dal talento straordinario protagonista in più di un’occasione.

Il batterista Bob Ruben ed il chitarrista Marvin Kairenius non sono da meno, e formano, con gli altri due musicisti, una squadra affiatata e guerriera.

I pezzi che compongono il platter sono otto, di vario minutaggio.

Si inizia con la Title-track, ‘Peek Through the Pines’, che mette subito in chiaro che si ha a che fare con una band cresciuta e soddisfatta del proprio lavoro: il brano è veloce ma non troppo, dando più importanza alla pesantezza dei suoni.

Segue ‘Too Many Faces’, molto dura, alterna fasi stoppate ad un refrain melodico che da un senso di rassegnazione; coinvolge molto una sezione lenta ma sempre massiccia che porta all’assolo.

A New Moon’ è sulla stessa linea, con strofe inquietanti ed un riff ripetuto all’infinito.

Underneath My Skin’ inizia con un riff che sa di vecchia scuola, poi accelera con strofe sintetiche ed un refrain urlato. Il pezzo si ferma improvvisamente a circa metà del tempo e riprende lentissimo, con un basso ipnotico che conduce ad una sezione che, per musica e voce, ricorda molto l’Hard Rock dei Led Zeppelin; un altro stop interrompe il momento magico e porta ad un assolo veloce ed alla ripresa, in chiave Thrash, del pezzo.

La successiva ‘You Will Never Understand’ inizia con un arpeggio fosco e prende forza per mezzo della batteria fino a diventare un pezzo cadenzato. Anche in questo caso uno stop interrompe tutto per farlo riprendere più veloce, con strofe dure ed un refrain melodico fino ad un rallentamento durissimo che diventa dolce con il basso che conduce la parte solista fino a che non viene sostituito dalla chitarra.

Passando per ‘Black Rivers’, che miscela tempi medi, melodia e velocità, si arriva a ‘Deceit’, con la quale i My Regime ritornano alle origini suonando alla velocità della luce.

Chiude l’album ‘UnglueMy Soul’ con un’introduzione di chitarra fosca che dura oltre un minuto, esplode poi in mille parti diverse: sezioni lente ma dure, cadenze, rallentamenti ed un’accelerazione da brivido che sfocia in un momento quasi cacofonico che chiude il tutto.

Concludendo, un album che punta a dire qualcosa di nuovo all’interno del movimento Thrash e ci riesce bene. Bel passo in avanti per i My Regime. Le aspettative non sono state deluse.

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Band: My Regime
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72