Recensione: Pillars I

Di Andrea Poletti - 8 Gennaio 2017 - 0:18
Pillars I
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Il Black metal negli ultimi anni ci ha dimostrato, casomai avessimo bisogno di conferme, che ad oggi è il genere più aperto a contaminazioni e sperimentazioni dell’intero settore metal, escludendo l’avantgarde puro che a conti fatti non va inserito nelle gerarchie canoniche. Il fattore che destabilizza maggiormente è la proclamata e non nascosta volontà di andare oltre senza mai cercare di copiare altri gruppi; certamente i copia e incolla di bassa lega sono all’ordine del giorno, ma spesso e volentieri ci troviamo di fronte ad ottime realtà, fatto questo che per i collezionisti come il sottoscritto, porta a dover forzatamente scegliere su cosa comprare o meno. Più scaviamo nell’underground e più capiamo quanto il mainstream (semmai abbia un senso tale termine) è quanto di più nocivo e falso. Voglio svelare un piccolo dettaglio, sono giunto alla conoscenza di questo meraviglioso gruppo per un caso del destino, quando andando sul sito dell’Avantgarde per farmi qualche regalo, la cover in pre-ordine mi ha letteralmente colpito e ammaliato. Da dove provenissero, chi erano, che tipologia di black suonassero non mi interessava e l’ho comprato ad occhi chiusi; arriva il packaging con all’interno “Pillars I”, play, ed è amore a primo ascolto. Applausi a scena aperta e a volte quell’intuito, quel sesto senso nel comprare album con la “sensazione siano validi” funziona; dobbiamo confermare come trovare un disco brutto uscito da casa Avantgarde negli ultimi tempi è assai difficile, l’occhio lungo con gusto Italiano è vivo più che mai. Qualche giorno dopo corro a fagocitarmi anche il primo capitolo ed il quadro prende una dimensione decisamente differente rispetto al famoso un primo ascolto; gli Earth And Pillars con questo nuovo secondo gioiellino ci confermano come il precedente “Earth I” non era stato un lampo nel buio. Black metal di classe.

Questo secondo capitolo della saga dei nostri è tutto ciò che ci si puoeva aspettare, ovvero il diretto successo di quello che ipoteticamente è il sentiero compositivo degli “EaP”; il concetto deve essere visto quale gioco di ombre e luci, contrasti e dissimulazioni del canone compositivo del Black metal atmosferico. La differenza è la “temperatura” che si collega utopicamente quale grande cammino che passa dal primo leggermente più caldo e introspettivo a questo “Pillars I” dove il gelo, il freddo e la vastità delle montagne innevate lo fanno da padrone. Certamente la diversità di produzione va a beneficiare quelli che sono gli aspetti più grevi e gelidi; nella loro atmosfericità i brani riescono a penetrare come schegge ed il minutaggio, mai inferiore ai quindici minuti, ci lascia un senso di eco primordiale nel buoto interiore. Il vento soffia sugli zigomi, il sibilo tra le orecchie e gli occhi hanno difficoltà a rimanere aperti. Anche se paradossale tutto è studiato nei minimi dettagli per diventare parte di un grande progetto. Ascoltandolo in minuzioso silenzio “Pillars I” fa notare come la voce sia un piccolo accompagnamento alla maestosità delle parti strumentali; il semi-screaming imperiale e a tratti epico sugella tempistiche e diventa l’eco del mondo che la neve spazza via. La montaga non lascia vivere i deboli; i versi presi dal libro “Das Stundenbuch” (Il libro delle ore) di Reiner Maria Rilke si lasciano portare dalle musiche stesse, scomparendo e riapparendo senza preavvisi quasi sepolte dalla tormenta che incombe. Stilisticamente, non volendo doverosamente raccontare ognuna delle tracce singolarmente, si riesce a comprende come l’influenza dei Darkspace e dei Battle Dagorath sia della maggiore, riuscendo rispetto al primo capitolo a creare uno spessore ed una maggiore dinamicità ai brani. Se nel primo disco il sentore di una produzione non all’altezza aveva leggermente appiattito i suoni, in questo caso un netto passo in avanti è stato eseguito, riuscendo quasi ad ottenere una tridimensionalità delle varie sovrastrutture suonate.

Possiamo dunque concludere la disamina confermando come spesso e volentieri l’intuito, il genio e l’estro italiano non sono per nulla inferiori a trend esteri; con l’esterofilia sempre ben marcata a pelle, avremmo bisogno di supportare e buttare un occhio in casa più spesso, non tutto è marcio. Magari come al sottoscritto a qualcun altro verrà voglia di comprare “Pillars I” basandosi sull’istinto, otterrà magnifiche ricompense e vivrà di quest’ora di musica come se fosse la sua colonna sonora verso la calata negli inferi. La strada è in discesa e il terzo capitolo, potrebbe definitivamente sancire l’inizio di una grande storia; Earth and Pillars, ovvero come sorprendere rimanendo spontanei, chapeau!

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