Recensione: Predator In Disguise

Di Eric Nicodemo - 11 Febbraio 2013 - 0:00
Predator In Disguise
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Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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75

Nella musica (e non solo…) non sempre il talento è ripagato da un
eguale successo di critica e pubblico.

Ne sono consapevoli i Praying Mantis, NWOBHM band, che, dopo un capolavoro del calibro di Time Tells No Lies, si sciolsero, lasciando la scena musicale per nove lunghi anni (se si esclude la collaborazione al progetto Stratus di Clive Burr e l’apparizione di Tino in misconosciute pub bands come Wandering Crutchlees e Paddy Goes To Holyhead). Ma quando tutto sembrava irrimediabilmente finito alla Mantide inglese venne concessa una seconda possibilità: il Live At Last, tour commemorativo che vide la partecipazione degli ex Maiden Di’Anno e Stratton, pose le basi per una nuova carriera, anche se circoscritta entro i confini del Giappone. All’avventura partecipano oltre ai fondatori e fratelli (anglo-ispanici) Tino Troy e Chris Troy, lo stesso Dennis Stratton (“co-protagonista” nell’album di debutto degli Iron Maiden e in Lionheart- Hot Tonight) e, per completare la nuova formazione, viene arruolato il veterano della batteria Bruce Bisland (già visto in Weapon, Wildfire e Statetrooper).

La nuova proposta musicale si distanzia dalla prima ed assume le coordinate di un hard rock melodico dalle venature AOR, impostato su tastiere e sintetizzatori ma non mancano affascinanti assoli e virtuosismi chitarristici. Predator in Disguise sancisce questo nuovo inizio e rappresenta un lavoro di transizione, una sorta di melting pot che raccoglie materiale vecchio e nuovo.

Del glorioso passato troviamo traccia nei due brani che fanno da colonna portante all’intero lavoro: Can’t See The Angels (con relativo videoclip in bianco e nero) e Time Sleeping Away. Can’t See The Angels è un vero capolavoro di scrittura: si apre con un intro d’effetto di tastiere ma presto la dirompente cassa della batteria in crescendo rompe gli indugi e prendono il sopravvento gli esaltanti vibrati della doppia ascia Tino-Stratton, che infiammano l’ascoltatore, ammaliato dall’avvolgente coro.
In Time Sleeping Away il poderoso drumming guida l’ascolto all’immancabile cavalcata, una fuga incalzante che esplode nel trascinante botta e risposta tra il singer ed i backing vocals a là Children Of The Earth, vero marchio di fabbrica della mantide religiosa, il tutto inframmezzato da cambi di tempo e fantasie chitarristiche.

Questi due episodi, assieme alla voce dei fratelli Troy (e alla copertina di Rodney Matthews), costituiscono l’anello di congiunzione del discorso intrapreso (ed interrotto) con Time Tells No Lies. Il cambio di registro incomincia a farsi sentire con She’s Hot, un brano hard&heavy di stampo americano, sorretto da una sessione ritmica compatta con un coro privo di mordente ed un po’ anonimo (insomma una volta ascoltata non lascia grande traccia di sé). Seguono Can’t Wait Forever e This Time Girl (dalla quale è stata tratto un video promozionale).

Can’t Wait Forever procede senza sussulti, avara di emozioni, per poi movimentarsi con una decisa accelerazione delle chitarre. This Time Girl (cantata da Stratton) si sviluppa attraverso un semplice motivo eseguito dalle tastiere, che costituisce la linea melodica predominante (in rilievo nel ritornello e in sottofondo per tutta la durata del brano), mentre le chitarre arricchiscono con l’assolo in chiusura una piacevole canzone easy-listening, che ha l’obiettivo di farsi piacere anche al pubblico “meno esigente” della “pop music”e ai parvenues del rock.

Segue il delicato arpeggio di Listen What Your Heart Says, ballad che si riassume e si esaurisce nel successivo coro. In Still Want You ancora ad aprire le tastiere, che ben presto cedono il testimone ad una cavalcata seguita dall’accattivante ritornello, consegnandoci uno dei brani più interessanti.
Una menzione particolare va al giro armonico dell’unica strumentale The Horn, che però non basta ad elevare la canzone dal ruolo di semplice riempitivo.

L’album nasconde in chiusura due sorprese: Battle Royal e Borderline. La prima è una ballad che si avvale principalmente dell’uso di tastiere e sintetizzatori per creare un’atmosfera commovente, ma non manca una efficace guitar session. Anche in Borderline (ultima nella tracklist) l’incipit è affidato a tastiere e sintetizzatori, poi subentra un ben più breve ma poderoso giro di chitarre che sfocia subito nel chorus sofferto, fulcro della composizione, riproposto più avanti con alcune intercalazioni delle sei corde.

Tra le due canzoni si inserisce Only You, il cui drumming serrato ricorda She’s Hot ma si stempera nella melodia del coro, anticipato da una progressione dei vocals in crescendo.
In ultima analisi, Predator In Disguise di certo non si può definire un vero e proprio capolavoro, complice un eccessivo ammorbidimento del suono e, soprattutto, un uso non sempre accorto ed ispirato di sintetizzatori e tastiere, a tratti invadenti, non sempre integrati al meglio nelle composizioni. Insomma, chi è follemente innamorato dell’irripetibile esordio potrebbe storcere il naso, se non addirittura rimanere profondamente deluso, aspettandosi dopo una così lunga attesa un album che non facesse rimpiangere la pesante eredità o almeno potesse rinverdire i fasti della tradizione.

Probabilmente il modo migliore di ascoltare Predator In Disguise è considerarlo un prodotto a sé stante, senza fissarsi caparbiamente sul passato della band, anche se sarà un’ardua impresa con quel glorioso monicker in bella evidenza sulla copertina.  

 

Eric Nicodemo

 

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Tracklist:

01. Can’t See The Angels (T.Troy, C.Troy)
02. She’s Hot (Stratton, Hart, O’shaughnessy)
03. Can’t Wait Forever (T. Troy)
04. This Time Girl (Stratton, Pearce, Hart)
05. Time Slipping Away (C. Troy, T. Troy, Bisland)
06. Listen What Your Heart Says (Stratton, Thomas, White, Hart)
07. Still Want You (Stratton, Hart, O’shaughnessy)
08. The Horn (C. Troy, T. Troy)
09. Battle Royal (C. Troy, T. Troy)
10. Only You (Stratton, Hart, O’shaughnessy)
11. Borderline (C. Troy, T. Troy)  

 
Line-up:

Chris Troy (Lead Vox, Backing Vocals, Bass Guitar)
Dennis Stratton (Lead Vox, Backing Vocals, Guitar)
Tino Troy (Vox, Backing Vocals, Guitar, Piano)
Bruce Bisland (Drums, Backing Vocals)

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