Recensione: Quietly, Undramatically

Di - 19 Febbraio 2011 - 0:00
Quietly, Undramatically
Band: Woe
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Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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71

“Quietly, Undramatically”, secondo album degli statunitensi Woe, rappresenta l’ufficializzazione vera e propria della band dopo l’esordio discografico con “A Spell for the Death of Man” del 2008, nato e sviluppato come progetto solista del polistrumentista Chris Grigg. Prima dell’esordio ufficiale, Grigg pubblicò il demo “Absinthe Invocation: Five Spells Against God”, utile a far conoscere l’artista e la sua musica nella scena raw-black americana.

Con questo lavoro, in effetti, il musicista ha deciso di dare una violenta sterzata alla propria rotta artistica scegliendo di aprire le porte del progetto Woe ai fratelli Madden e alle chitarre di  Grzesiek Czapla e Matt Moore. Anche le coordinate musicali sono variate rispetto il primo album “A Spell for the Death of Man” virando in maniera decisa in questo album, la cui matrice, un american-black metal con venature tipicamente depressive dallo spiccato valore introspettivo, è valorizzata da una produzione ottima, ben lontana dalle sonorità black provenienti dal vecchio continente.

Di riflesso, i testi caricano il lavoro di negatività, pessimismo e totale senso di inadeguatezza dando sfogo a tutto il carico di rabbia e frustrazione celati nel cuore del musicista del New Jersey.
Sette canzoni che testimoniano il male di vivere di “Xos” la cui voce, acidula o cavernosa alla bisogna, sottolinea fedelmente stati d’animo bui e tormenti apparentemente insopprimibili.
Si parte con “No Solitude“, struggente brano dedicato alla memoria di un amico scomparso. Particolarmente toccante e carico d’atmosfera il passaggio “I must climb up every mountain just to shout your death from their peaks”.  Nella seguente “The Road From Recovery” la depressione che pervade l’atmosfera brucia come acido sulla pelle; è qui che Grigg paragona la vita ad una guerra continua in cui il corpo, anche se armato fino ai denti, è destinato a soccombere in maniera sempre più evidente, sempre più pesante, fino l’inevitabile e definitiva capitolazione.

Particolare, affascinante e ricca di personalità la title-track: brano eclettico e schizofrenico in cui velocità e melodia sono ben ponderate e le cui ritmiche, più riconducibili al death che non al canonico black metal, ci catapultano nel limbo umido e nebbioso disegnato dall’artista. Circa a metà del brano, quasi a volerne spezzare il ritmo, domina la scena un inciso cantato con voce pulita e sofferente a ricalcare, semmai ce ne fosse bisogno, il malessere totalizzante confuso nell’apatia del mondo e del genere umano.
Da un’analisi più approfondita, il disco sembra essere percorso da un unico filo nero che lega i brani alla canzone d’apertura, e più specificatamente riconducibile alla perdita della persona cara. Da questo filo conduttore si sviluppa un’analisi pessimistica della vita ed una visione del mondo deformata e offuscata se vista con occhi inumiditi dalle lacrime.
In quest’ottica il disco prosegue con “A Treatise On Control” e “Without Logic“, brani che simbolicamente rappresentano l’impietosa autoanalisi della parte razionale dell’essere umano messo in relazione (e in involontaria competizione) con la crudezza della vita. Il tutto è ben supportato da ritmi incalzanti e martellanti in cui brilla, come una stella immersa nel buio di una gelida notte di febbraio, il lavoro di una ineccepibile sezione ritmica.

Si prosegue senza intoppi tra energiche frenate e brusche accelerazioni fino alla conclusiva “Hatred Is Your Heart“, canzone che chiude degnamente un lavoro ben fatto. In ultima analisi, questo disco non sarà sicuramente conservato gelosamente assieme alle pietre miliari del genere (i capolavori, chiaramente, sono altrove), ma comunque consiglio questo “Quietly, Undramatically” a chi cerca, di tanto in tanto, sonorità lontane dalle ferree strutture del Black Metal tradizionale.

“Like a stone cast to the sea I will be forgotten, let this fade as a whimper aganist time, I will be forgotten, I will be forgotten, We will forgotten”.

Daniele Peluso

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TRACKLIST:

1. No Solitude
2. The Road From Recovery
3. Quietly, Undramatically
4. A Treatise On Control
5. Without Logic
6. Full Circle
7. Hatred Is Our Heart
 

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