Recensione: Raise Your Head

Di Stefano Burini - 21 Marzo 2017 - 9:00
Raise Your Head
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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80

I bergamaschi AntiClockWise, con il loro thrash progressivo oscuro e possente, sono una realtà ormai consolidata nell’intero panorama metal tricolore da qualche anno a questa parte. “Nonlinear Dynamical Systems” li impose all’attenzione dell’ambiente underground lombardo nel già lontano 2012 ma fu con il successivo concept album “Carry The Fire” (2013) che il quartetto composto da Claudio Brembati alla voce, Pietro “Pacio” Baggi (Lucky BastardZ) alla chitarra, Michele Locatelli al basso e Daniele “Bubu” Gotti (Methedras) alla batteria, riuscì a guadagnarsi il plauso della critica di settore.

A distanza di tre anni e dopo essersi accasati con la validissima Revalve Records, gli Anticlockwise tornano in pista con un nuovo concept album, questa volta ispirato al tema della comunicazione dell’over-esposizione mediatica negli anni del boom di internet, dall’eloquente titolo “Raise Your Head”.

La tracklist si compone di nove canzoni per un totale di quaranta minuti di musica nel quale momenti maggiormente riconducibili al thrash old school (vedansi a questo proposito l’incipit e il successivo, deflagrante sviluppo dell’ottima “Mothertongue”) si alternano a fughe progressive (“The Wire”) e soluzioni dal taglio più moderno.

I pezzi non sono particolarmente articolati dal punto di vista delle strutture ma presentano un grande impatto e denotano una certa cura dei dettagli. Le sezioni vocali di Claudio risultano efficaci e ben bilanciate tra clean (per la maggiore) e growl vocals (quanto basta, come dicono gli chef), così come le parti solistiche di Pacio conferiscono ad ogni brano un elegante tocco di stile, ma non va in alcun modo dimenticato il gran lavoro al basso e dietro le pelli della sezione ritmica composta da Michele e Bubu

Rispetto al passato l’impronta dei Nevermore nel sound degli AntiClockWise appare decisamente meno evidente (forse realmente udibile in maniera distinta solo nella title track). a tutto vantaggio di un’ulteriore maturazione della band orobica, ora più che mai libera di tirare fuori dal cilindro pezzi assolutamente peculiari quali la violenta “The Broken Mirror” (a metà tra thrash-core e prog metal) la più melodica “The Blue Screen Of Death” e la cangiante “Into The R.A.M.”

Si chiude con un gradito revival: la versione 2016 dell’ormai classica “Dystopia”, brano cardine posto in apertura del debut album “Nonlinear Dynamical Systems”, nel quale la band e in particolare Claudio alla voce dimostrano di non aver perso negli anni un oncia della grinta dell’esordio (anzi!) .

Che dire? A fronte di due album già piuttosto apprezzati e ben accolti dal pubblico e dalla critica di settore, “Raise Your Head” sembra avere tutte le potenzialità per alzare ulteriormente l’asticella, marcando il segno di un’evoluzione sonora e contenutistica non da tutti.

Stefano Burini

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