Recensione: Reviver

Di Matteo Lavazza - 2 Agosto 2005 - 0:00
Reviver
Band: Reviver
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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65

Nati nell’ormai lontano 1997 gli olandesi Reviver giungono solo oggi, dopo un paio di demo e altrettanti mini lp, all’esordio sulla lunga distanza con questo omonimo lavoro, un esordio che si mantiene su coordinate stilistiche piuttosto classiche.
Dopo la solita intro la partenza è affidata a “Osiris Eyes”, buon brano di Power Metal aggressivo e dalla buone melodie, pur senza picchi qualitativi degni di nota. Le velocità sono sostenute ma mai eccessive, è la canzone si fa ascoltare con piacere, pur con dei limiti in quanto ad originalità.
E proprio questa mancanza di originalità è il più grosso difetto del cd, infatti brani come “Watch Out!”, “”Rivive and Survive” oppure “Strong” risultano essere brani si gradevoli, ma anche davvero scontati nel loro incedere, e soprattutto il cantato ad opera di Patrick Van Maurik è a mio parere privo di personalità, nonostante una buona estensione.
Buone le ritmiche di “Cycles”, in cui la band cerca perlomeno di uscire almeno in parte dai soliti schemi, grazie all’alternarsi di parti al limite del prog metal, altre più tirate e altre ancora in cui sono le chitarre acustiche a farla da padrone.
Pur rimanendo lontano da qualsiasi forma di originalità è buono il trittico “Gates of Time”, “Garden of Eden” e “Another Day”, tre mid tempo rocciosi e potenti, pur senza mai tralasciare la melodia, peccato ancora che la prova incolore del cantante vada in qualche modo ad intaccare il potenzial dei pezzi.
“Bringer of Evil” è sicuramente il brano più interessante del lotto, grazie a delle atmosfere più cupe del solito, almeno in certi frangenti, riescono a donare una certa varietà al brano. Anche la prestazione vocale su questo pezzo è decisamente più convincente del solito, grazie a dei passaggi da vocals cattive a fraseggi in falsetto o comunque più melodici.
“Fight your Fight” in compenso è forse il più banale del lotto, con cambi di tempo e melodie davvero scontati e banali, già sentiti milioni di volte, mentre la conclusiva strumentale “Beyond the Infinite” nulla aggiunge e nulla toglie al valore complessivo dell’album.
Tecnicamente il gruppo è nella media, nel senso che nessuno dei musicisti coinvolti mi è parso particolarmente virtuoso ne particolarmente scarso, a parte il più volte citato singer che non mi ha convinto non tanto per carenze tecniche, anzi, ma per una marcata mancanza di personalità e di uno stile personale.
I suoni mi sono sembrati piuttosto buoni, anche se a mio parere una maggiore aggressività a livello sonoro avrebbe potuto far si che i pezzi potessero rendere maggiormente.
I Reviver mi sembrano un gruppo con dei buonissimi mezzi, ma a mio parere dovrebbero fare di più per distaccarsi maggiormente da quelli che sono gli standard del genere, iniziare quindi a mostrare in maniera più netta la loro personalità, senza seguire semplicemente il sentiero tracciato dai capostipiti del genere, solo in questo modo potrebbero a mio parere sperare di avere qualche chance di poter davvero uscire allo scoperto, al momento sono un gruppo gradevole ma uguale ad una marea di altri, il che è un difetto tra i più gravi se si hanno ambizioni in questo campo.

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