Recensione: River of Death

Di Eugenio Giordano - 2 Febbraio 2004 - 0:00
River of Death
Band: Nordheim
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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75

Il primo pensiero che mi è passato per la testa ascoltando questo “River of death” è stato che i Nordheim non vanno tanto per le leggere quando c’è da suonare heavy metal, il gruppo brasiliano in questione ha già alle spalle un mini-cd e con questo platter arriva alla prima pubblicazione sulla lunga distanza sotto le insegne della storica Mausoleum Records. Promossi dalla loro etichetta come  fossero una sorta di clone dei vari Angra et similia i Nordheim hanno davvero molto poco da spartire con il sound dei loro compatrioti e con il power in genere. Chiarisco subito la questione affermando che i nostri sono totalmente debitori agli stilemi del metal puro, senza fronzoli e senza concessioni, basato su un sano supporto chitarristico solido e su linee vocali al vetriolo. Si possono chiamare in causa molte band da porre a paragone rispetto ai Nordheim ma credo che si finirebbe con lo sminuire il valore di questo gruppo brasiliano. Posso solo notare in senso generico una dipendenza innegabile da quanto sounato nel passato recente dei Judas Priest, in particolare affiorano relazioni artistiche con “Jugulator”, un disco potentissimo che a mio avviso è sempre stato trattato in modo molto superficiale dalla critica ma che ha rappresentato il ritorno sulle scene di un colosso del metal dopo lunghi anni di crisi. La produzione di “River of death” è spudoratamente frontale e massiccia, i nostri puntano su un suono diretto e francamente corposo che non potrà deludere nessun metallaro ortodosso in cerca di musica dura per le proprie orecchie. Il disco non ha cali di tono, dieci canzoni suonate in maniera sincera, con l’attitudine delle migliori metal band in azione oggi, dimenticatevi ballad, slow tempo e quanto altro perchè qui non ne troverete traccia.

Le danze si aprono in maniera davvero convincente con “River of death” un brano potente e frontale che sprigiona una energia genuina, ottime le chitarre ritmiche di fattura classica, sporcate con un tocco di cattiveria in più regalano un fondamento solido alle parti vocali davvero molto riuscite. Il gruppo aggiunge alcune brevi voci in growling nei cori rafforzando l’impatto del brano, questa soluzione si rivelerà certamente azzeccata in sede live. Si continua con “Doomsday” una canzone apertamente aggressiva, le strutture ritmiche si alternano in maniera credibile mantenendo alto il tiro del brano anche se la sua struttura appare molto articolata e ambiziosa. Mi sembra evidente quanto i Nordheim puntino su un sound personale e riconoscibile, le canzoni sono spesso di lunga durata e rivelano architetture compositive molto elaborate confermando il talento di questi brasiliani. La successiva “Raining fire” si sviluppa in un susseguirsi di riff taglienti e pesanti come macigni, i testi sono dedicati alle vecende aeree della Seconda Guerra Mondiale e l’atmosfera generata dal brano è indubbiamente espressiva. Più classicamente Judas oreinted “Out of control” possiede un mood oscuro e inarrestabile che di sicuro farà la felicità di chi ha amato la gestione Owens nel recente passato della ditta Tripton & Co. I Nordheim non vanno a cercare spunti melodici o soluzioni troppo riuffiane continuando a macinare metal integerrimo e incandescente, ormai il valore del disco è indiscutibile. Con “Before the light” il gruppo non sminuisce di una virgola la potenza della sua musica, ancora ottime parti vocali taglienti come rasoi e un lavoro ritmico tellurico garantiscono la riuscita della canzone, di certo non particolarmente innovativa ma molto convincente. Malvagia e incattivita “Threads of fate” si dimostra come uno dei brani più violenti sfornati dalla band. I Nordheim amano il metal classico e lo dimostrano con “Easy rider” una canzone robusta e dal chiaro sapore retrò, il tiro del disco non cala asolutamente, l’energia delle chitarre è sempre sovrana del sound della band carioca per la felicità di chi ascolta. Più dinamica ed elaborata “Evil intentions” mostra la capacità compositiva del gruppo, i Nordheim puntano con coraggio su strutture elaborate e ambiziose senza apparire ripetitivi o prolissi. Molto più frontale e sanguinaria “Hammer of gods” è una dichiarazione di guerra in puro stile metal, non c’è scampo per chi ascolta e il gruppo continua a macinare riff granitici e inarrestabili, un gran bel lavoro. La conclusiva “The metal march” si presenta come una delle migliori canzoni del lotto, peccato averla relegata la fondo del disco perchè l’avrebbe potuto aprire in grande stile.

In conclusione tenete in grossa considerazione il nome di questi Nordheim e date a questa “River of death” un ascolto molto attento, peccato per una copertina davvero poco incisiva e lontana dagli standard del genere ma questi Nordheim sounano heavy metal di grande classe.

1. River of Death 06:05 
2. Doomsday 05:55 
3. Raining Fire 03:57 
4. Out of Control (The Devil’s Ballad) 05:03 
5. Before the Light 04:37 
6. Alone in the Dark 01:28 
7. Threads of Fate 04:36 
8. Easy Rider 03:13 
9. Evil Intentions 04:52 
10. Hammer of Gods 05:54 
11. Damnation of Gods (Ragnarok) 01:23 
12. The Metal March 05:41

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