Recensione: Second Coming

Di Francesco Maraglino - 2 Aprile 2013 - 6:30
Second Coming
Band: Stryper
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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64

Gli Stryper sono, probabilmente, i massimi rappresentanti del rock cristiano e del white metal in particolare, ed ottennero un lusinghiero successo negli anni Ottanta del ventesimo secolo grazie ai loro primi lavori discografici.
Ancora in pista a quasi trent’anni dal loro EP di esordio, The Yellow and Black Attack, i quattro musicisti stanno attraversando gli anni duemila donando testimonianze fresche ed interessanti del loro maturo talento: hanno realizzato, in particolare, nel 2009 un più che allettante album di inediti, Murder By Pride, e quindi, nel 2011, una raccolta di proprie versioni di canzoni altrui, The Covering, gradevole e convincente a dispetto delle immancabili perplessità che questo genere d’operazioni sollevano.
Sempre saldamente confermati nell’inossidabile formazione storica (Michael Sweet alle chitarre ed alla voce, il fratello Robert Sweet alla batteria, Timothy Gaines al basso ed Oz Fox alla chitarra solista), gli Stryper si affacciano al 2013 con una mossa fin dalle premesse un po’ deludente: un album di classici del proprio repertorio ri – registrati, accompagnati da due inediti.
Per questa sorta di antologia, il poker di rockers statunitensi setaccia soprattutto il succitato EP ed i successivi full-length, Soldiers Under Command e To Hell With the Devil (insomma le opere che riscossero, ai loro tempi, maggior successo), mentre nulla viene recuperato dal mellifluo In God We Trust e dal più duro Against The Law  – che pure erano provvisti di più di qualche attraente momento sonoro.
L’operazione possiede, com’è di tutta evidenza, un carattere soprattutto commerciale, ed ha verosimilmente l’obiettivo di ripresentare gli Stryper  a giovani fans che nulla posseggono della band, di consentirle di riappropriarsi dei propri brani più celebri, e di inserire una patina apparente di novità su canzoni consumate dal tempo e dagli ascolti su vecchi vinili.
Sia chiaro che le nuove versioni sono ascoltabilissime, pur nella sostanziale fedeltà agli originali: gli Stryper si presentano ancora una volta in gran spolvero dal punto di vista strumentale e vocale, e la grinta sembra persino maggiore che agli esordi, visto il “tiro” rinnovato conferito alle canzoni.
Ecco scorrere, dunque, un profluvio di rocker guitar-oriented percorsi appunto da chitarre scudiscianti e saettanti ed ingioiellati da chorus trascinanti: da  Loud N’ Clear a Loving You, da Soldiers Under Command a The Rock That Makes Me Roll.

Su percorsi maggiormente melodici scorrono, invece, Calling On You, Free e The Way, esempi di melodic-rock ottantiano confinante con l’AOR più acchiappante, mentre ammantate da cadenzata e corale epicità si palesano Sing Along Song e To Hell With The Devil.
First Love, invece, è l’unica e, senza ombra di dubbio, degna rappresentante delle zuccherose, coinvolgenti e maestosa ballate pianistiche della band.

In Second Coming, dunque, le chitarre frustano a dovere e le voci sono ancora capaci di raggiungere vette quasi celestiali, ma è un peccato che tanta maestria e grinta non sia messa a disposizione di brani nuovi di zecca.
Proprio i due inediti, tra l’altro (trattasi di Bleeding From Inside Out, cadenzata midtempo con finale slow tutto chitarre, riff e cori epici, e di Blackened, brano incalzante tra riff guizzanti, basso e batteria  pulsanti e cori accattivanti), pur non aggiungendo nulla di nuovo allo stile della band, testimoniano un stato di eccellente forma anche sul piano compositivo.
Gli inediti, però, non bastano a persuaderci del tutto circa una release sostanzialmente superflua, mentre veniamo rassicurati dalla dichiarazione secondo cui la band sarebbe già al lavoro su nuove tracce di nuova composizione, destinate al prossimo album.

In ogni caso, sia ben chiaro: se qualcuno vuole fare per la prima volta conoscenza con la musica degli Stryper, può iniziare tranquillamente anche da qui.

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