Recensione: Symphonies of love and hate

Di Beppe Diana - 20 Agosto 2002 - 0:00
Symphonies of love and hate
Band: The Dogma
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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90

Grandioso, si veramente grandioso. Giuro che non trovo altri aggettivi per descrivere il debut demo dei giovani anconetani The Dogma, una band che fa della professionalità la sua arma vincente.

 

Infatti il loro “Symphonies of the Love and Hate” racchiude in se tutti quei punti salienti su cui ogni band al debutto, o che si accinga a registrare un demo,  dovrebbe focalizzare per tentare il sospirato salto di qualità, ovvero ottima produzione/registrazione, lay out ed artwork avvincenti, e soprattutto un servizio fotografico di quelli “looks that kill” come direbbero gli americani, roba da Sunset Boulevard per intenderci, in somma tutti elementi che poi, vuoi o non vuoi, alla fine ripagano.

 

E la musica? State tranquilli, anche sotto quell’aspetto i quattro marchigiani dimostrano, più con i fatti che con le parole, di aver raggiunto una maturità compositiva ben al di sopra della media di molteplici acts nostrani che magari si ritrovano alle spalle già qualche disco, e che non hanno neanche un briciolo della classe dimostrata dai nostri.

 

Un sound il loro, che si assesta su coordinate symphonic/power metal, non disdegnando soventi incursioni in ambienti neoclassici, folk e soprattutto medievali, anche se è bene ribadirlo sin dall’inizio, i nostri non hanno niente, o quasi, da spartire con i pluri acclamati Rhapsody. “Symphonies of the Love and Hate” ovvero l’eterna dicotomia fra il bene ed il male, il chiaro e lo scuro, lo Ying e loYang per fare i filosofi, o forse solo fra potenza e melodia, tutti elementi che scaturiscono dall’ascolto di questo demo, che, con tutti questi presupposti, mi vergogno a definirlo tale.

 

Lungo lo scorrere delle sette tracce ivi incluse, i nostri dimostrano di sapersi districare con disinvoltura su diversi contesti sonori anche grazie ad una padronanza tecnico/strumentistica davvero notevole, in particolare una menzione speciale se la merita il guitar hero Cosimo Binetti, qui nelle duplici vesti di chitarrista/bassista, e che con il suo personale stile chitarristico riesce a caratterizzare la maggior parte delle composizioni, riuscendo altresì  a dettare i tempi al resto della band, come nel caso della splendida “Paradise”, sicuramente il picco compositivo dell’intero lavoro, una song dall’incedere solenne e maestoso, fra fiammeggianti accelerazioni neoclassiche e tappeti tastieristici ricchi di fascino e patos,un brano insomma che sono sicuro riuscirà a mietere molteplici vittime fra gli estimatori del nostro adorato genere.

 

Un’altra chicca da incorniciare è di sicuro “The Last Drop of Blood”, song dalle molteplici sfaccettature, un perfetto mosaico sonoro in cui si incastonano influenze che vanno dal doom al power, sino a sfiorare territori dark gothic, un brano insomma che presenta vari elementi degni di nota su cui i nostri dovrebbero maggiormente lavorare per rendere la loro proposta davvero personale.

 

Insomma, se ancora non lo avete capito, i The Dogma hanno tutte le carte in regola per diventare la big next sensation in campo true metal nazionale, anche se dovranno smussare quelle piccole sbavature affiorate qua e la durante lo scorrere delle tracks, imperfezioni dovute più che altro all’inesperienza da studio, e quindi dovutamente trascurabili. Voi intanto segnatevi il loro nome, e poi non dite che non vi avevo avvisato.

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