Recensione: Tabula Rasa

Di Daniele D'Adamo - 27 Maggio 2013 - 7:00
Tabula Rasa
Band: Exence
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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79

 

Creatura di Federico “Pule” Puleri, chitarrista dei più noti Vision Divine, gli Exence calcano la scena da ormai più di tre lustri. Nati infatti nel 2000 in quel di Firenze, dopo due demo (“Ferocity”, 2001; “Dynamics”, 2004) e un full-length (“Hystrionic”, 2008), giungono a incidere il secondogenito, “Tabula Rasa”, dopo un periodo d’inattività durato due anni a causa di divergenze musicali fra i membri della band in merito alla giusta strada da seguire. Ciò, tuttavia, non ha impedito a Puleri di metter su una formazione nuova di zecca e di registrare quest’album con Stefano Morabito presso i 16th Cellar Studio di Roma.

Nonostante queste ultime disavventure, non pare per niente che la vena creativa e l’entusiasmo degli Exence abbiano nel frattempo subito dei cali. Anzi, “Tabula Rasa” appare sin da subito un disco tosto, duro, massiccio, nonché ricco di freschezza ed entusiasmo. Soprattutto duro e massiccio. La notevole attitudine nel cercare e trovare soluzioni melodiche che contraddistingueva “Hystrionic”, seppur non sia scomparsa, sembra aver lasciato il posto in primis a una poderosa dose di aggressività.

Il thrash/death che definisce il sound dei fiorentini è, appunto, una miscela il cui dosaggio dei singoli ingredienti è pressoché lo stesso. Forse qualche accelerazione repentina e rabbiosa con i blast-beats spinge un po’ di più il tutto verso il death, ma la sensazione predominante è di trovarsi di fronte a quel sound tipico di molti act post-Sepultura. Un sound, cioè, nel quale si possono circoscrivere con facilità elementi caratteristici del thrash, come per esempio il riffing dal suono compresso e stoppato dalla tecnica del palm-muting, e analoghi riferimenti al death, fra i quali spiccano le ruvidissime harsh vocals di Ritchie Bleed.     

Quest’ambivalenza tipologica, tuttavia, non inficia neppure per un istante la forte e decisa personalità dell’ensemble toscano, assolutamente fermo nei suoi propositi di marchiare a fuoco “Tabula Rasa” mediante uno stile che sia riconoscibile e, soprattutto, immutabile al susseguirsi dei brani. La tecnica in mano a Puleri e ai suoi compagni è di tutto rispetto, anzi si può anche affermare che sia oltre la media per il genere, ed è sfruttata con talento, intelligenza ed efficacia. Sì da poter scrivere, per loro, di ‘progressive thrash/death metal’: una definizione fantasiosa ma che ha il pregio di rendere bene l’idea di quello che suonino i Nostri.

La bravura di esecuzione, quindi, è finalizzata a costruire le canzoni e non, come spesso accade, a fare della sterile accademia. Canzoni che, com’è giusto che sia – anche se questo è tutt’altro che scontato – , rappresentano per il platter un notevole punto di forza. L’accuratezza con la quale è stato vergato lo spartito musicale si percepisce focalizzando l’attenzione su alcuni fattori primari. Innanzitutto nell’equilibrio fra tutti gli organi che costituiscono l’‘organismo-song’. Melodie, dissonanze, cambi di tempo, soli, ritmiche, digressioni musicali e linee vocali sono costantemente utilizzate – da “Chitterling For Vultures” a “Dominion Of Silence” – con la posologia necessaria per non perdere mai il filo del ‘discorso-Exence’. Poi, ciascuno di questi fattori, all’interno del singolo brano, vengono diluiti in modo più o meno sostanzioso; donando al lavoro una buona varietà e, di conseguenza, una longevità non da poco. Ancora, nonostante l’obiettiva severità di un sound corpulento, aspro e a volte dall’umore tetro, l’assimilabilità dell’opera nel suo complesso è – a parere di chi scrive – alla portata anche di chi non sia molto aduso agli eccessi fonici del metal oltranzista. La regolarità, comprensibilità, compattezza e ‘quadratezza’ del CD, insomma, fanno sì che esso possa essere gradito anche a chi non mastica di frequente thrash e death.      

Un ritorno più che buono, quindi, quello degli Exence: “Tabula Rasa”, non ultimo per il suo carattere slegato da cliché derivativi, rappresenta una volta di più l’eccellente livello raggiunto dal metallo estremo nostrano; perfettamente in linea con i più alti standard internazionali dettati dai migliori ensemble contemporanei.    

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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