Recensione: Tears In Floods

Di Paolo Beretta - 15 Dicembre 2004 - 0:00
Tears In Floods
Band: Odyssea
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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80

La storia degli Odyssea, band capitanata da Pier Gonnella, comincia nel 2000. Suo intento musicale uno Power Speed metal; ma non solo. Il tempo corre velocemente tra la collaborazione sfumata con il singer Tiranti (attuale ugola dei Labyrinth) ed una collaborazione di Pier in un album di Steve Vawamas come special guest. Solo dopo l’incontro con Faraci comincia la stesura di Tears In Flood. Il lavoro di mixaggio viene sospeso nel 2003 con l’entrata di Pier nei Labyrinth.  Per questo bisogna aspettare l’anno seguente affinchè, sotto la Scarlet Records,  T.I.F. sia finalmente pronto per la pubblicazione.

Il nome del gruppo (Odyssea) alla luce di Tears In Flood mi pare appropriato. Il sound che Pier ricerca e approfondisce durante le undici tracce del lavoro è vario e per nulla statico. Ritengo a tal proposito che la musica degli Odyssea possa essere paragonata alle vicissitudini e al continuo vagabondare di Ulisse per tornare “alla sua petrosa Itaca”. Per quel che concerne l’album lo giudico un buon prodotto originale in un genere reputato da molti saturo. Sia ben chiaro che non voglio affermare che gli Odyssea siano portatori di novità assolute. Cionostante l’utilizzo pregnante, (in alcune tracce), dei sintetizzatori e dei suoni campionati, con  grande sorpresa, mi è piaciuto oltremodo. Meglio comunque chiarire fin da subito, onde evitare fraintendimenti, che il cd ha la struttura speed power. Si comincia dopo l’Intro con Fly. Gli Odyssea sfoderano melodie meravigliose e molto Labyrinth, (non a caso canta Tiranti), in un turbine di solos scala che sembrano non avere fine. Sulla stessa scia (sonora) si annoverano anche la più cadenzata The King e lo Speed di Burning Time che, come si evince dal titolo, può vantare una sezione ritmica dirompente. Oltre a questi 3 brani di sicuro spessore, suonati con classe e dal forte impatto (ai quali si può aggiungere tranquillamente la terremotate Angels Cry) c’è altro nell’album. Qualcosa di meno melodico, più raffinato e ricercato. Andiamo nello specifico a sviscerare non le Hit ma il resto che probabilmente non piacerà a tutti…

Falling Star è un delitto e allo stesso tempo un pezzo grandioso. Mi spiego. Atmosfere lugubri e futuriste sono seguite da un bel lavoro di chitarra e sezione ritmica. Per un minuto si lascia fermentare il tutto in un crescendo  che gasa l’ascoltatore specie quando arriva, finalmente, un prolungato riffing pieno, grezzo e ruvido. “L’inizio perfetto per una HM track devastante” – pensavo tra di me mentre ascoltavo sfregandomi al contempo le mani – ed invece,  con il passare dei secondi, gli Odyssea cambiano idea cancellando tutto quanto costruito in 2 minuti perfetti. Delitto! Per la delusione volevo saltare il pezzo ma poi è arrivata la voce di Faraci; i suoi acuti tristi uniti ai tempi ipnotici, al sound campionato e ad un assolo virtuoso e fantasioso mi hanno incastrato in atmosfere raffinate. Reputo i lenti un momento fondamentale per giudicare le power metal band emergenti in quanto troppo spesso questi si copiano e danno alla luce canzoni carine ma in definitiva anonime. Ciò non accade con la seppur semplicissima Try Again. L’arpeggio lento, ripetuto a brevi intervalli regolari trasmette un’impassibilità incredibile. Anche con l’innesto della leggera sezione ritmica l’arpeggio rimane li; nemmeno il riffing spegne questo gocciolare, quasi perpetuo, che continua a diffondere inesorabilità e grigiore.

La title track è divisa in due parti. La prima è un pezzo strumentale che ricorda i virtuosi delle sei corde; a Pier non basta. Usa, ancora una volta, l’elettronica per spezzare il brano ed aumentarne la velocità: il risultato è piacevolissimo. Si ricomincia da dove si era interrotto il pianto metallico. La seconda è ancora migliore perché fa un uso magistrale, e ancora più forte, del sound campionato che non stona assieme al riffing. Difficile da descrivere un brano che cambia in ogni istante: lento, veloce, fusion, prog, heavy, disco?… C’è un po’ di tutto e mai la banale frase: “provare per credere” ha ragion d’essere usata. Bella anche l’altalenante e metallica Creatures che sperimenta ancora quanto descritto precedentemente anche se con minor decisione.

E’ probabile che al primo ascolto il suddetto cd piacerà ad alcuni ascoltatori solo in minima parte e nello specifico in Fly, The King, Burning Time. Non sarà completamente soddisfatto del resto. E’ altrettanto probabile che molte persone leggendo nella recensione: “suoni campionati”, la parola “sintetizzatori” e dulcis in fondo “disco?” non saranno tentate di avvicinarsi al prodotto. Ciononostante io invito tutti a non farsi un’idea a priori. Sono convinto che questo Tears In Flood sia un buon cd nella sua interezza. Lo reputo un lavoro piacevole, fresco e coraggioso con l’uso sapiente di strumenti apparentemente poco consoni con il Metal. Gli Odyssea hanno puntato su un power solo a tratti facile assimilazione e di ottima fattura. Per gran parte del cd hanno virato verso melodie più raffinate e ricercate, assoli sognanti e tecnici, tempi blandi. In poche parole non una spasmodica ricerca del chorus perfetto. Se a ciò aggiungiamo che il lento mi è piaciuto oltremodo, che la produzione la ritengo buona (con l’ottimo il lavoro di basso per nulla soffocato dalla chitarra come sovente accade), ecco spiegato il motivo per il quale sponsorizzo Tears In Flood. Consiglio l’acquisto a chi vuole sentire un power moderno di classe e diverso dal solito.

1. Intro
2. Fly
3. The King
4. Falling Star
5. Burning Time
6. Try Again
7. Angels Cry
8. Tears In Floods Pt. 1 (El Ultimo Canto)
9. Tears In Floods Pt. 2 (Miserable Man)
10. Apocalypse Pt. 1
11. Creatures. 

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