Recensione: The Course

Di Nicola Furlan - 23 Luglio 2008 - 0:00
The Course
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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79

È raro venire in contatto con un demo come quello degli Human Illusion. Oggi come oggi sono pochi i gruppi in grado di legare emozioni e ricordi con la classe propria di questi ragazzi di Pordenone. Quattro canzoni, per una durata complessiva di ben 40 minuti, che uniscono qualità, innovazione e gusto musicale.

Questo “The Course” contiene alcune delle più interessanti idee musicali con cui sono entrato in contatto nel primo semestre del 2008. Ogni canzone è bilanciata perfettamente nelle sue variazioni ritmiche, fra rallentamenti e accelearazioni. Le melodie, molto spontanee e tipicamente heavy, vanno a completare un songwriting elaborato, ma mai ridondante. “I don’t Believe in Hate” è contraddistinta da un ritornello dal flavour epic e da incalzanti sezioni ritmiche, sostenute da un tappeto di tastiere che dona profondità all’intero brano. Unica pecca è una produzione che lascia spesso in sordina i soli di Efrem Scacco e quindi annebbia significativamente il giocoso botta e risposta con i tasti d’avorio del polistrumentista Paolo Morettin. Oblivion Ship mostra il lato più introspettivo e romantico della band: i delicati arpeggi e gli struggenti arrangiamenti, che aprono le atmosfere progressive, sono sorretti dalle coinvolgenti linee vocali di Francesco Zanelli. Il cantante è capace di dare intensità ai momenti rabbiosi e di far sognare in quelli più eterei. “Point of View” offre la proposta più ‘ordinaria’ del lotto. Sono molti i tratti che uniscono questo gruppo con altre band del passato. I cambi di tempo, il gusto epic e le strutture ritmiche spezzate da improvvisi break sono i capisaldi della terza traccia, che non spicca di certo per dinamicità. La canzone alla fine lascia un po’ d’amaro in bocca anche per via delle parti soliste, impegnate a colpire grazie a melodie arabeggianti e tecnicismi a profusione, che però creano un quadro troppo statico e asettico. Chiude in bellezza la title track, sintesi ideale di quello che la band vuole proporre. Il pezzo si articola in un susseguirsi di ritmiche coinvolgenti e melodie azzeccate, idealmente incarnate dal tema principale. A metà brano, l’intero turbinio progressive va a adagiarsi su una cristallina ragnatela di delicati arpeggi per poi liberarsi nella cavalcata rock finale. Il disco si chiude con una sezione solista di grande gusto, penalizzata ancora una volta da una qualità di registrazione inadeguata.

Questi ragazzi non possono non avere un fututo; perlomeno mi auguro che questi brani finiscano in mano a professionisti del settore che ne possano apprezzare la qualità. Il mio consiglio per la band è di prendere gli strumenti in spalla, continuare a sudare e portare a termine un lavoro che, al di là dei limiti della produzione, nasconde un progetto ambizioso, promettente e dalle grandi potenzialità. Complimenti sinceri.

Tracklist:
01 I don’t Believe in Hate  
02 Oblivion Ship 
03 Point of View 
04 Human Illusion 

Line up:
Francesco Zanelli: Voce
Efrem Scacco: Chitarra solista
Paolo Morettin: Chitarre, Tastiere
Maurizio Santin: Basso, Flak Cannon
Matteo Basso: Batteria

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