Recensione: The Greatest of the Best

Di Alessandro Calvi - 20 Gennaio 2012 - 0:00
The Greatest of the Best
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Anno: 2011
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75

A breve giro di posta dopo “Moral & Wahsinn” che, duole dirlo, non ha ripagato appieno le attese per l’ottavo album in studio dei cavalieri teutoni, arriva questo “The Greatest of the Best”, un album che, nel classico modo molto pacato e serioso (soprattutto la copertina) che contraddistingue i Die Apokalyptischen Reiter, ci presenta il loro primo best of. In effetti le uscite della band tedesca ci erano parse un po’ in calo di creatività e originalità da qualche CD a questa parte, quindi quale modo migliore di una raccolta di classici per ritirare su le sorti (e le finanze) di un gruppo che, almeno in studio (dal vivo son sempre delle macchine da guerra), sembra stia perdendo qualche colpo?

In effetti bisognerebbe dire che, un po’ come per tutti i best of, la recensione potrebbe anche finire qui.
Commentare traccia per traccia questo CD significherebbe solo ripetere quanto si disse all’uscita dei dischi da cui son presi i brani, mentre non vi è molto altro da aggiungere per parlare di questa pubblicazione nella sua interezza. Chi conosce già i Die Apokalyptischen Reiter sa benissimo cosa aspettarsi e, se li apprezza, dovrebbe anche già possedere tutte le canzoni qui proposte, o meglio riproposte. Al contrario di molte raccolte di questo tipo, infatti, “The Greatest of the Best” non presenta nuovi ed esclusivi inediti a impreziosirla ulteriormente. Un album, quindi, che potrebbe benissimo essere lasciato sugli scaffali dai fan della prima ora, in quanto non aggiunge proprio nulla a quanto già si sapeva dei nostri cavalieri dell’apocalisse.
A coloro i quali, invece, non abbiano mai sentito i dissonanti suoni gutturali che compongono il nome di questo gruppo, non possiamo che consigliare senza riserve l’acquisto di questa raccolta. Potrebbe essere un ottimo modo per scoprire una delle band più originali e fuori dagli schemi del panorama metal contemporaneo e mondiale. Non son infatti molti i musicisti capaci di passare con tale disinvoltura dal death tecnico al thrash, all’heavy più classico, al power, nonchè di creare commistioni, compiere esperimenti, infarcire ogni pezzo di mille e più influenze. Musica araba, folk, violini, pianoforti, chitarre distorte, elettronica, voce pulita, growl, scream, son tutti elementi che, spesso, non riescono proprio a mancare nei dischi dei Die Apokalyptischen Reiter.
Inoltre, fatto che riesce spesso a stupire anche i critici più esigenti, tutti questi contributi diversi son amalgamati in modo così convincente che viene quasi da domandarsi come sia possibile che non ci abbia mai pensato nessuno prima. Tutte le canzoni, infine, suonano perfettamente in “stile” Die Apokalyptischen Reiter, contraddistinte da un sound estremamente riconoscibile e vero e proprio marchio di fabbrica del gruppo teutonico. Anche quando si permettono di citare a piene mani da altre band della scena strizzando l’occhio, ad esempio, ai conterranei Rammstein, per quanto “l’imitazione” sia perfettamente credibile (perfino nelle linee vocali), il pezzo rimane sempre perfettamente riconoscibile come scritto dai Reiter.
Tutt’al più, se una critica bisogna fargliela, ci sarebbe da tirargli un po’ le orecchie per gli equilibri espressi nella tracklist. Stante l’importanza, oltre che la bellezza, dei primi due/tre dischi, ci sembra che i brani presentati che vengono proprio dai loro primi album siano un po’ pochini. Soprattutto se confrontati con il peso che hanno assunto, invece, alcune delle ultime, non proprio eccelse, uscite come “Moral & Wahsinn” o “Licht” (quest’ultimo, addirittura, rappresentato da ben 4 tracce). Probabilmente la scelta è dovuta al voler mostrare al meglio ciò che la band è diventata dopo l’iniziale evoluzione (ad esempio sottolineando l’abbandono ormai pressochè completo dell’inglese in favore del tedesco), anche se questo ha significato citare appena “Soft & Stronger” e “Allegro Barbaro”. Il fatto che gli ultimi CD abbiano anche segnato una sorta di stasi creativa in un gruppo che, invece, ha sempre fatto dell’osare, dell’essere in continuo movimento, un cantiere sempre aperto, il proprio segno distintivo, è evidentemente un particolare che non è stato tenuto in particolare conto dalla band e/o dalla produzione.

Per concludere: con 8 album alle spalle è arrivato anche per i Die Apokalyptischen Reiter il momento di concedersi un best of. Per i fan della prima ora, il consiglio è sicuramente di rimanere a distanza: oltre al disappunto che alcuni potrebbero provare nel veder così poco rappresentati i primi CD, vi è il fatto che non ci sono inediti di sorta. Un acquisto, quindi, che verterebbe al solo scopo di completare la collezione, ma incapace di dire, a chi già li conosce, qualcosa di più. Una raccolta che, quindi, fotografa soprattutto l’ultimo periodo del gruppo tedesco, sorvolando quasi completamente sulle sue origini, ma che, ciononostante, rimane un ottimo acquisto per chi volesse accostarsi per la prima volta a quella che rimane, nonostante qualche indecisione nell’ultimo periodo, una band di assoluto valore, tra le più originali e interessanti del panorama metal mondiale.

Tracklist:
01 Die Boten
02 Adrenalin
03 Es Wird schlimmer
04 Der Seemann
05 We Will Never Die
06 Die Sonne Sscheint
07 Du Kleiner Wicht
08 Nach Der Ebbe
09 Wir Reiten
10 Unter Der Asche
11 Friede Sei Mit Dir
12 Revolution
13 Das Paradies
14 Der Weg
15 Komm
16 Erhelle Meine Seele
17 The Fire
18 Riders On the Storm
19 Reitermania
20 Metal Will Never Die

Alex “Engash-Krul” Calvi

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