Recensione: The Long Road South

Di Vittorio Sabelli - 7 Luglio 2012 - 0:00
The Long Road South
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Genere:
Anno: 2012
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77

Nell’immaginario collettivo, rivolgendo la nostra mente alla penisola scandinava, riusciamo a scorgere un mondo fatto di spazi immensi, in cui vige una tranquillità che è certamente tra le cause che hanno portato a una reazione/rivoluzione messa in atto in campo musicale ed extra. Prima l’esplosione della melodia in Svezia e poi la devastante scena black metal norvegese hanno turbato gli equilibri interni dei due paesi, mentre la vicina Finlandia non ha contribuito troppo alla causa se non con sporadiche band che sono riuscite a proporsi in maniera – a volte – interessante su diversi generi, rispecchiando l’identità della nazione stessa e risvegliandola dal torpore sul quale si agia.

Un ruolo importante in quest’opera lo detiene l’etichetta Inverse Records, che mette in luce act che riescono a smuovere gli animi e divulgare il loro messaggio e il loro pensiero nel panorama musicale. La direzione intrapresa dalla label tiene conto di proposte che identifichino un’impronta musicale ben definita. Dopo i debutti di Carnal Demise e Coredust fanno il loro ingresso in campo i Dark Days Ahead, formatisi nel 2005 a Jyväskylä e con all’attivo una demo datata 2010, che oltre alla ‘band-track’ contiene altri tre brani inclusi nel debut-album “The Long Road South”.

Il discorso si articola principalmente su una matrice di stampo groove metal, farcito da spruzzate di *-core e melodic death metal, che rendono l’ascolto intrigante e (quasi) mai scontato.

“Hail The Lone Star” e “Enemy Of The Nation” sono un’ottima presentazione ‘groovosa’ e aggressiva, ma qualora rendessero troppo ristretto il campo d’azione dei Nostri, ecco che “Bastard Son Of Disaster” – di ‘kashmiriana’ memoria – cambia le prospettive della struttura, mettendo in risalto le disarmonie sulle quali Kaikkonen esprime al meglio il suo ampio spettro vocale. “No Single Word” è un ottimo gioco di riff con ‘accenti spostati’ che riescono a tener vivo l’interesse, grazie alla sua costruzione e al refrain di stampo melodico, che in parte ricorda l’acidulo sound dell’area Seattle d’inizi anni ’90.
“M.M.M.” scorre alla velocità di un lampo, mentre il riff ‘thrashy’ che dà il via a “Bring The Next One In” è retaggio della Bay Area e tutto lo sviluppo del brano è di ottima caratura, con l’incastro perfetto tra le chitarre e il drumming mai soffocante di Sivonen che riesce a rendere il discorso vario senza invadere il raggio d’azione degli altri componenti. “Deadly Empathy” alterna riff‘n’drumming presi in prestito dalla confinante Svezia con momenti melodici che non oltrepassano mai il ‘livello di guardia’. “Chaos Caravan” rende omaggio a “Planet Caravan” di ‘sabbathiana’ memoria, e ancor più al remake dei Pantera: ma non lo fa dal punto di vista musicale, bensì prendendo in prestito il groove e il singolare approccio vocale di Phil Anselmo, che certamente l’ottimo Kaikkonen annovera tra i personaggi ‘da imitare’, non senza metterci del proprio. Caratteristica questa che si riscontra un po’ in tutto il platter, che conclude con la pseudo-ballad “Until You Come Full Circle”, forse unica volta che la melodia oltrepassa quel livello già citato in precedenza…

Non so se resterà negli annali della musica, ma lungo la strada a Sud (della Finlandia?) lascia ottime prospettive per il futuro del quintetto, che riesce, comunque – senza troppe innovazioni personali – , a trasmettere il proprio messaggio, grazie a una buona cura dei dettagli e a un ‘sound collettivo’ che riesce a catturare l’ascoltatore.
Da tenere sotto osservazione…  

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Hail The Lone Star 3:23
2. Enemy Of The Nation 4:05
3. Bastard Son Of Disaster 4:35
4. No Single Word 3:18
5. M.M.M. 2:48
6. Bring The Next One In 3:45
7. Deadly Empathy 3:24
8. Chaos Caravan 3:23
9. Until You Come Full Circle 8:06

Durata 37 min.

Formazione:
Tony Kaikkonen – Voce
Jarkko Petosalmi – Chitarra
Jari Huttunen – Chitarra
Jukka Salonen – Basso
Ville Sivonen – Batteria
 

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