Recensione: The Nameless Disease

Di Onirica - 28 Aprile 2003 - 0:00
The Nameless Disease
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Anno: 2003
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80

This is a grief driven album where the band is dealing with the suicide of their drummer, who was a friend and founding member. The result is a majestically sad, but also a powerful and angry album.

Le poche parole riportate sul retro riassumono nel modo più breve possibile quanto sto per dirvi a proposito dell’ultima rivelazione supportata dalla Season Of Mist, ma per adesso bastano ad introdurre con delicatezza un argomento non facile da trattare. Ho deciso di riscrivere la breve trama concessa dal gruppo sotto la tracklist del disco, dopo tanto tempo speso inutilmente per decidere come dare un inizio a questa recensione. Ebbene la massacrante composizione death metal che trovate qui dentro registrata è il frutto amaro di una dolente ispirazione, il suicidio del batterista del gruppo Frederic Guillemot (1977-1999): undici tracce all’interno di una specie di concept che ripercorre gli attimi immediatamente seguenti la brutta notizia, gli stati d’animo e le riflessioni del momento. Chiunque abbia studiato un minimo d’inglese può tradurre le parole del cantante, a voi lascio immaginare il contenuto dei testi, interpretato alla meglio da una voce che ha vissuto personalmente la vicenda e non sembra disposta ad accettare in breve tempo questa assurda perdita, considerando il titolo dell’album una perdita quasi ingiustificata. Nonostante il triste contesto resta comunque il dovere di commentare la musica.

Il songwriting del gruppo sfrutta improvvise accelerazioni, alternando la violenza delle chitarre a momenti di stasi. La voce di Manuel Munoz riesce ad accostarsi con estrema facilità alle chitarre acustiche, così come ai veloci riff di chitarra elettrica che sin dai primi secondi si rivelano colonna portante del disco. In questa seconda uscita della band, la parte di basso e batteria (adesso suonata da Franck Metayer) non manca di svariati spunti solisti, spesso la traccia si interrompe per dare spazio a brevi intermezzi strumentali che nel complesso rendono più eccitante e pregiato il lavoro, commovente in Quietly Kissing Death l’intro della sezione ritmica; il sound generale può definirsi piuttosto grezzo, la componente elettronica è ridotta ai minimi termini mentre la scena sembra governata dai costanti cambi vocali growl/pulito e dall’inseguirsi impetuoso delle sei corde. Basta dare un’occhiata ai titoli dei pezzi per farsi anche una minima idea di quali siano i diversi punti di vista dai quali la drammatica vicenda viene vissuta. Ogni brano risulta ben distinguibile da quello che precede, ma il comune denominatore dimostra una particolare attenzione del gruppo nei confronti della resa sonora. Dopo la sassata sonora che percorre tutto il disco, la tranquilla conclusione viene ancor meglio apprezzata, grazie ad una disarmante The Bathroom Monologue che può considerarsi tra i capitoli meglio riusciti della band. 

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

01. We Cry As One
02. It Can’t Be!
03. How Could You?
04. ‘Won’t Follow Him
05. It’s The Same For Everyone
06. Somewhere Else
07. Joy & Happiness
08. Transition
09. Quietly Kissing Death
10. All…
11. The Bathroom Monologue

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