Recensione: The Shadows Eternal Call

Di Giorgio Vicentini - 23 Gennaio 2006 - 0:00
The Shadows Eternal Call
Band: Graven
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Li avevamo lasciati nel 2002 con Perished and Forgotten, li ritroviamo oggi in formazione ampiamente rinnovata ed un nuovo disco in mano. Chi sono? Ma i tedeschi Graven, al tempo duo formato da Vargsang e Vronth, ed ora legati ai vecchi tempi tramite il secondo dei due fondatori citati. Oddio, a dire il vero non è solamente il batterista Vronth a fare da collante col passato, infatti, più di un moschettone ancora saldamente The Shadows Eternal Call ai ghiacci norvegesi, facendone un lavoro che ricorda in più punti il tempo che fu.

Ai Graven compete il black metal un tempo definito “grim”, quelle note, quelle sensazioni, ancora oggi legate alle fredde notti nordiche. Stilemi musicali e song writing alla costante e fruttuosa ricerca del feeling oscuro, scovato sia nelle note che nei piccoli accorgimenti come il classico sussurro del vento ed il gracchiare del corvo, che annunciano la strumentale “Prologue”. 
The Shadows Eternal Call sembra aprirsi e chiudersi come un libro, narrazione notturna dalle tinte torve del levarsi in volo di uccellacci neri disturbati dalle chitarre distorte, disco “eterno” per gli ottimi brani in esso incisi, ma primariamente per uno stile senza tempo qui ripreso in maniera esemplare e con qualche tocco di bravura: “The Glorious End”, evocazione della magniloquente solitudine alla luce della luna, mentre il freddo circostante sembra unirsi a quello interiore; “Lords Of The Winter”, le cui parole cadono a pennello tra le note dai ritmi medio alti; “The Presence Of Death” segheria black che culmina in un killer break dannato, l’anticipo al finale in crescita progressiva durante il quale Zingultus si lancia liberamente ne suoi vocalizzi.

Ricordo che nel 2002 dicevano che quella sarebbe stata la loro ultima release con sonorità tanto pulite. Oggi mi dico: o sono cambiate molte cose negli anni, oppure è proprio questa l’idea di “grim – hateful – raw sound” che i Graven hanno. Non si tratta di un’accusa ma della constatazione del fatto che The Shadows Eternal Call gode di una pulizia sonora invidiabile, come molti lavori tedeschi, e riesce nell’alchimia di suonare malvagio e professionale, con suoni significativi ed espressivi, taglienti e freddi, che valorizzando l’accoppiata perfetta tra sfuriate spedite e ritmiche più cadenzate. In un contesto esemplare, brilla per competenza e precisione anche la voce, perfetta nell’ambito e marcia in più per enfatizzare alcune parti nevralgiche dei brani.

Di The Shadows Eternal Call mi ha stupito positivamente la compattezza, la costruzione precisa, la semplicità d’ascolto ricca di sensazioni che richiamano l’essenza, pur sempre emozionante, del black metal norvegese prima maniera, quasi evocando gli antichi spiriti dal passato tra cui quello dei Mayhem, che tenta di rivivere in sonorità che non sento poi tanto distanti da quelle di De Misteriis Dom Sathanas.

Sorpresa, gradita sorpresa. I Graven tornano ed alzano il tiro con le buone vecchie armi di sempre: odio, misantropia, negatività e l’ululare dei lupi alla luna. A noi il compito di goderne a pieno.

Tracklist:
01. Prologue (Raven’s Circle)
02. Horde Of Wolves
03. The Glorious End
04. Lords Of The Winter
05. Swarm Of The Night
06. From A Distant Past
07. The Presence Of Death
08. The Shadows Eternal Call / Epilogue

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