Recensione: Time Capsules

Di Riccardo Angelini - 2 Luglio 2008 - 0:00
Time Capsules
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Anno: 2008
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65

Sembrano esordienti ma non è così. L’origine dei Six Minute Century risale ai primi anni ’90, quando quattro giovani texani decisero di unire le proprie forze in una band chiamata Mystic Cross. Passati da un heavy-prog a un hard n’ heavy tinto di AOR, la band si scioglieva poco dopo l’uscita del secondo full-length autoprodotto (“Shadows In The Mind”, 2000), salvo riformarsi nel 2004 con un nuovo cantante e un nuovo moniker.

Il nuovo corso dei Six Minute Century si (ri)avvia dunque con “Time Capsules”, all’insegna di un progressive metal tecnico e melodico insieme, che si appoggia alle prime sperimentazioni di Fates Warning e Queensrÿche richiamando a più riprese alla mente i ragazzi prodigio dei Circus Maximus. Con questi ultimi i Six Minute Century condividono una scarsa originalità alla quale, al pari dei colleghi scandinavi, tentano di sopperire con l’efficacia delle singole canzoni. E bisogna riconoscere che, pur senza fare sfracelli, sotto questo profilo il combo texano si difende a dovere. I trascorsi nell’AOR hanno infatti permesso alla band di affinare il proprio gusto melodico, che si concretizza tanto in fase solistica quanto durante i refrain. Decisiva in tale senso la prestazione del cantante Chuck Williams (cresciuto alla scuola di Ray Alder), che sopperisce ai propri limiti di potenza con una notevole estensione vocale e soprattutto con un apprezzabile sforzo interpretativo. La tracklist scarica in apertura tutti i suoi pezzi più lunghi, con un set di tracce stabili attorno ai sei-sette minuti, e in almeno tre casi su cinque il successo è pieno: “Under The Moonligh”, “The Perfect Picture” e “April 19, 1995” mettono in mostra le armi più efficaci della band, con melodie raffinate inserite in strutture agili e intelligenti. Poi, dopo una “Zero Hour” piuttosto anonima, i ragazzi di Houston rimescolano nuovamente le carte; esplicate le proprio simpatie neoclassiche con la strumentale “Guitar Concierto”, tentano la via della potenza (“Saved In Time”) alternandola con sezioni più squisitamente prog (“Heaven’s Gate”) finanche a barcollare sul ciglio dell’abisso dreamtheateriano (“Get Your Wings”). Il finale riassesta il sound su quelle sonorità hard prog che sembrano più congeniali al combo statunitense, il quale si congeda con una “Seaven Seas” piuttosto diretta ed efficace.

Buone nuove insomma dal vecchio Texas. La reincarnazione dei Six Minute Century consegna al pubblico una formazione che soprattutto in chiave futura potrà riservare piacevoli sorprese. Restano da affinare personalità e continuità compositiva, ma già da ora gli appassionati potranno trovare un diversivo meritevole rispetto ai soliti nomi.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Under The Moonlight
2. The Perfect Picture
3. One Man’s Dream
4. April 19, 1995
5. Zero Hour
6. Guitar Concierto
7. Saved In Time
8. Heaven’s Gate
9. Get Your Wings
10. Seven Seas

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