Recensione: Treasure Chest

Di Francesco Prussi - 1 Luglio 2002 - 0:00
Treasure Chest
Band: Helloween
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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70

Questa raccolta antologica delle zucche più famose del mondo metal esce in un periodo abbastanza travagliato per la band teutonica. E’ notizia di pubblico dominio che Roland Grapow (Chitarra) e Uli Kusch (Batteria) abbandonano il gruppo, dopo vari dissidi interni, per dedicarsi alla carriera solista fondando una nuova band chiamata Masterplan. Per riempire il periodo d’inattività, il gruppo fa uscire questa raccolta antologica che fotografa al meglio la propria carriera, pescando brani dalla loro produzione discografica, passata e presente. La raccolta si presenta in formato doppio, comprendente ventinove brani, oppure in versione box con in aggiunta un bonus cd di undici pezzi inediti pubblicati solo su singoli. Nel 1986 quando comprai Walls of Jericho, con ancora Kai Hansen alla voce, fu una folgorazione: melodia e potenza andavano di pari passo creando un qualcosa che fino allora difficilmente si era sentito. Quindi brani come Ride the Sky, How Many Tears e Metal Invader fanno bella mostra di sè, mentre dal primo Ep vengono estratti Murderer e Starlight: qui in una versione cantata da Michael Kiske. Il giovanissimo Kiske, talentuoso vocalist, entrerà a far parte del gruppo (per la non padronanza di Kai Hansen del cantato) con l’uscita del primo Keeper of the Seven Keys che con la seconda parte rappresenterà un punto fermo per un certo tipo di sound (Power Metal), che negli anni a venire caratterizzerà fortemente la scena Metal. Ricordo che all’epoca la stampa specializzata bollava gli Helloween come cloni dei Maiden, ora invece l’unica cosa che accomuna le due bands è l’influenza che entrambe hanno avuto nello sviluppo della musica più bella del mondo. Nella raccolta sono presenti capolavori quali Eagle Fly Free, I want Out, Keeper of The Seven Keys 2, la mitica Dr Stein e la toccante ballad A Tale Wasn’t Right. Impossibile menzionare tutti i brani perché di carne al fuoco ne viene messa molta. Gli Helloween ci hanno abituato a travagli interni notevoli che hanno minato in più di un’occasione la stabilità della band, ma sono sempre riusciti a rissolevarsi proponendosi di nuovo al grande pubblico ed ottenendo anche ottimi risultati. Il primo abbandono importante fu sicuramente quello di Kai Hansen, songwriter e fondatore del gruppo. Kai si dedica ad una carriera solista che con i suoi Gamma Ray darà alle stampe alcuni album di valore assoluto (The Land of the Free e l’ultimo The World Order): sarà sostituito da Roland Grapow. Dopo i due capolavori assoluti (Keeper), la band entra in una crisi creativa notevole, pubblicando lo scialbo Pink Bubbles Go Ape e l’inutile Chameleon. Nella raccolta sono solo due i brani tratti dai dischi citati Chance e Windmill, che non trovarono il consenso dei fans e portarono ad una rottura tra la band e il singer Kiske. Il batterista Ingo Schwichtenberg uscì dal gruppo per problemi personali e di salute (morirà suicida qualche anno dopo).

Ma i due fondatori superstiti non demordono e la scelta del nuovo singer cadrà su Andi Deris, proveniente dai Pink Cream 69 (band dedita ad un genere più rock’n’roll oriented), ugola notevolmente differente dal suo predecessore più ruvida e non eccessivamente acuta; sarà oggetto di critiche ferocissime soprattutto dai fans e non ,che vedevano in Kiske un punto fermo per il sound del gruppo. E’ fuori discussione che il confronto con il suo predecesore non regga, soprattutto dal vivo, ma non si può pretendere che gli Helloween suonino ancora come vent’anni fa.

Comunque non si nega il valore di dischi come Master of The Rings (che rilanciò il gruppo); Uli Kusch fu il sostituto di Ingo alla batteria, ed il nome degli Hellowen tornò di nuovo on the road.

Il sucessivo The Time of the Oath fu un successo, mentre il successivo Better than Raw registrò un leggero calo (pur non essendo un brutto disco): Sole Surivor, I Can, Power ed altri brani del periodo trovano spazio nella raccolta, sino ad arrivare all’ultimo The Dark Ride, con un suono molto più cupo e grezzo rispetto a quanto proposto sinora dal gruppo.

In definitiva una raccolta ideale per chi ancora non conosce la band (penso pochi) e per tirare le somme su una band che ha segnato il mondo del metal.

Naturalmente una raccolta non aggiunge nulla di nuovo al repertorio del gruppo, aspettiamo con ansia l’uscita di un nuovo platter targato Helloween.

Consigliata solo a chi vuole avere tutto del gruppo.

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