Recensione: Underneath

Di Roberto Forghieri - 5 Settembre 2013 - 11:00
Underneath
Band: Robin Beck
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2013
Nazione:
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75

“Underneath” è il nuovo lavoro della brava e bella Robin Beck, singer di lungo corso che coadiuvata dal marito James Christian – addetto al songwriting ed impegnato a suonare un po’ tutti gli strumenti, tranne la batteria – e da un manipolo di “eroi” (tra cui Tommy Denander, Glen Burtnick, Jimi Bell, Jeff Batter e BJ Zampa) ci regala un album gradevolmente “fresco” in questa assolata estate 2013.

Si apre alla grande con “Wrecking Ball”: un pugno dritto allo stomaco. La voce di Robin non è minimamente scalfita dal tempo proprio come il suo innato fascino: il chorus è trascinante e si pianta in testa sin dal primo ascolto. Un brano per aprire i concerti con grinta e classe.
Con “Ain’t That Just Love” l’atmosfera si fa più edulcorata ma il sound rimane guitar oriented in puro stile anni ‘90 (Danger Danger, Diving For Pearls, ecc).

“Sprain” è invece un brano più oscuro ma sempre sostenuto che serve a mettere in evidenza le doti canore della bruna Brooklyniana, mentre la title track è un momento decisamente riflessivo: accompagnati dal pianoforte, ritmica e batteria, i musicisti cadenzano un pezzo in 4/4 che ancora una volta (e ci ripetiamo volentieri) la brava singer conduce in porto con classe.
“Catfight” sembra preso dal grande album Valentine/Valensia in virtù di una melodia spensierata da “batti-il piedino”. “Check Your Attitude” segna quindi il ritorno all’aggressività. Song decisamente ritmata: un manifesto di ribellione che fa da contrasto alla successiva “Burning Me Down” dove Robin duetta con il marito in una ballad dal sapore decisamente classico (per gli stilemi AOR ovviamente).

“Perfect Storm” ci investe con la forza di un pezzo delle sorelle Wilson quando tra il 1985 ed il 1990 ci regalarono tre album imperdibili: la seguente “Ya Can’t Fight Love”, pur avendo un buon “tiro” risulta, al contrario, il momento meno incisivo di questo decimo album dell’artista statunitense.  
Il finale è per “I Swear The Night”, traccia con cui la Beck ci regala l’ultima slow-song, per condurre poi felicemente il lavoro con “Follow You”, episodio che riporta la chitarra in primo piano.

Un veloce e stringato track by track per arrivare ad una serie di considerazioni piuttosto semplici. Alla fine dell’ascolto di questo dischetto argentato rimane una certezza: se Robin Beck già fa parte della vostra discoteca non fatevi mancare “Underneath”, un disco che consolida quanto di  buono ha già espresso in passato la signora Christian.
In caso contrario nessun problema: ecco un buon punto di partenza per scoprire la verve di un’ artista talentuosa, da sempre circondata da ottimi musicisti.

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