Recensione: United

Di Roberto Gallerani - 26 Ottobre 2006 - 0:00
United
Band: Dream Evil
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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76

Dopo l’ottimo The Book Of Heavy Metal, la formazione dei Dream Evil ha subito profonde variazioni all’interno della propria line-up con la dipartita di due pezzi da 90 come l’estroverso chitarrista Gus G e il geniale batterista Snowy Shaw; a questi avvenimenti si sono aggiunti anche i problemi alle corde vocali per il cantante Nikjas Isfeldt, che l’hanno costretto a prendersi lunghi periodi di riposo, e l’allontanamento dalla band (per fortuna solo per un breve periodo) del bassista Peter Stalfors. A causa di tutti questi terremoti il sottoscritto si era già messo l’animo in pace, pensando ai Dream Evil come a una band ormai a fine carriera che mi aveva allietato con tre buonissimi album ricolmi di grande heavy metal.

Questo United arriva quindi come un fulmine a ciel sereno e personalmente posso dirmi felice che la band si sia risollevata e abbia sfornato un altro lavoro permeato dalla solita classe cristallina. L’album ci presenta una band dedita a un puro ed incontaminato heavy metal che richiama i grandi nomi del genere, Judas Priest su tutti e Manowar, i secondi soprattutto per quanto riguarda la proclamazione insistita del verbo del metallo. I due nuovi arrivati, Mark Black alla chitarra e Pat Power alla batteria, si difendono egregiamente, soprattutto il primo, che ricrea assoli gradevoli e con melodie vicine a quanto veniva proposto negli anni ’80. La band mantiene la sua caratteristica “schiacciasassi”, senza cedimenti di sorta lungo tutta la durata del platter; il merito va soprattutto a Fredrik Nordstrom, chitarrista della band in questione e noto produttore (In Flames, Hammerfall, Dimmu Borgir) che riesce nell’intento di riproporre suoni dannatamente heavy e che ha la capacità di ricreare riff che si stampano indelebilmente nella mente dell’ascoltatore per poi non lasciarlo più.
Ad onor del vero va detto comunque che inevitabilmente la band, dallo split con Gus e Snowy, ha perso un po’, soprattutto per quanto riguarda spunti geniali all’interno dei pezzi, nonostante essi rimangano su ottimi livelli qualitativi; questo ha portato a uno snellimento nelle composizioni, caratteristica che, nel bene e nel male, rende l’album più lineare rispetto ai lavori passati.

I Dream Evil continuano sulla linea del predecessore, abbandonando qualche virtuosismo tastieristico presente nei primi due lavori, per concentrarsi principalmente sul lato più classico della band; un esempio lampante è sicuramente l’opener del disco Fire Battle In Metal. Impossibile resistere al chorus nel quale potenza e melodia si mescolano dando vita a un pezzo tra i migliori della discografia dei Dream Evil. I richiami ai Judas sono molti e inevitabili, come nella track successiva United la quale già dal titolo richiami certi tipi di sonorità che possono solo far sorridere gli amanti del metal più tradizionale.
I nostri ci propongono anche composizioni più vicine al vecchio hard rock, come in Blind Evil, dove si divertono a proporre un chorus spensierato e dal gusto decisamente rock n’ roll; il pezzo viene impreziosito da un assolo davvero riuscito! Dopo Evilution, pezzo orecchiabile quanto basta, si passa a Let Me Out, song caratterizzata da una forte vena speed e spezzata da un break centrale dove un arpeggio accompagna prima la splendida voce di Nikjas, poi l’assolo di chitarra che parte piano e delicato per poi accelerare insieme a tutta la band sfociando in un turbinio di suoni da urlo! Higher On Fire, nonostante il suo avvolgente incedere, rimane un po’ anonima, mentre con Kingdom At War i nostri fanno risaltare il loro lato più epico, forgiando un pezzo un po’ troppo lineare ma di sicuro impatto. Il disco prosegue quindi con la semi ballad Love Is Blind e con la tiratissima Falling, mentre Back From The Dead è un pezzo molto oscuro e di difficile assimilazione, ma tra i più affascinanti del lotto, nel quale il buon Nikjas è autore di una performance molto personale e sentita; ottimi, a questo proposito, gli screaming posti a fine track. Chiudono il discorso Doomlord e My Number One: un pezzo a dir poco sorprendente e tra i migliori di tutto l’album. Il riff e la sezione ritmica della strofa sono cattivi e pesanti alla Rammstein (!) mentre il ritornello è accompagnato da una melodia happy e da una batteria quasi in stile “percussioni brasiliane”. Un accoppiamento che spiazza e colpisce!

Un gradito ritorno, quello dei Dream Evil, e di sicuro un ritorno convincente. È inutile negare che lascia un po’ di amaro in bocca ai primi ascolti a causa di quella perdita di genialità che non gli ha permesso di ripetere un album come il predecessore, a mio parere il loro miglior lavoro. Considerando però che un leggero calo era inevitabile viste le vicissitudini recenti e che non mi sembra giusto commentare un album paragonandolo al passato, posso solo dire che un disco di puro heavy metal di tale fattura è ormai raro trovarlo per cui ben vengano band composte da tali professionisti e profeti della nostra musica più amata! Mi vien sempre da pensar che, fossero usciti a metà anni ’90, i Dream Evil ora godrebbero di fama e spessore ben maggiori, grazie alla professionalità e il gusto musicale di questi ragazzi, e United è qui per dimostrarlo ancora una volta.

Roberto “Van Helsing” Gallerani

Tracklist
01. Fire! Battle! In Metal!

02. United

03. Blind Evil

04. Evilution

05. Let Me Out

06. Higher On Fire

07. Kingdom At War

08. Love Is Blind

09. Falling

10. Back From The Dead

11. Doomlord

12. My Number One

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