Recensione: We Rise

Di Stefano Ricetti - 23 Aprile 2013 - 0:10
We Rise
Band: Nightglow
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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66

I Nightglow nascono nel 2003 nel nome dell’HM tradizionale per poi divenire tre anni dopo cover band con i crismi dell’ufficialità dei Manowar, titolo riconosciuto Loro da Army of Immortals e ManOwar Italia. A seguito del demo d’esordio targato 2004, esce nel 2007 Metandertal, The Metal Age, seconda fatica contenente quattro pezzi da parte del combo modenese. Si infittisce l’attività concertistica e nasce anche le possibilità di condividere il palco e avviare delle collaborazioni con personaggi del calibro di Fabio Lione, Rhino, Kiko Louriero ed Eric Martin. Il 2010 vede importanti passaggi di testimone all’interno della line-up, che negli anni successivi si compatta fino a scrivere i brani che andranno a comporre la colonna vertebrale di We Rise, esordio ufficiale su full length dei Nostri sotto l’egida della Logic (il) Logic Records, oggetto della recensione.

L’immagine del gruppo è in stile Denim&Leather sobrio, come è lecito attendersi leggendone il curriculum e gli otto pezzi che si schiudono una volta aperta la copertina catacombale non tradiscono i presupposti di un ensemble cresciuto a Mortadella e Metallo Classico. La voce di Daniele “Abba” Abate è mascolina, lontana da quella tipica della “sirena”, il resto della band denota compattezza e una produzione di sicuro livello aiuta a carpire al meglio la potenza fornita alle casse dello stereo. I Nostri non disdegnano pezzi in linea con i dettami dell’HM classico di oggidì, come nel caso della stentorea We Rise, alternati a riff d’antan che vanno sul sicuro, leggasi Time Lord.

Da sottolineare, in generale, il grande lavoro del batterista Marco “Riskio” Romani, sempre al servizio del pezzo, tanto che in Evil Dust pare che le bacchette siano direttamente in mano al Dio Vulcano. I Nightglow portano in dote chitarre decise, così come il basso sa il fatto Suo; nei pezzi più epicheggianti i cinque metaller forniscono il meglio del Loro repertorio: Shine of Life è lì a dimostrarlo, così come la successiva Dreamland. Coraggiosa la scelta di mettere un momento di rottura chiamato Don’t Cry all’interno del disco e chiusura affidata all’incedere possente e iconoclasta di End of Time.                          

Se dal punto di vista dell’impatto generale We Rise si può considerare un prodotto riuscito, che denota il notevole affiatamento artistico e i chilometri macinati da parte dei cinque modenesi, è altrettanto vero che il disco manca terribilmente di quei due/tre pezzi che riescono a determinare il classico sussulto da parte dell’ascoltatore. Chiaro, possedere la bacchetta magica e poterla mettere al servizio del songwriting presuppone un processo che pretende del tempo e i prossimi anni sono lì proprio per permettere ai Nightglow quella maturazione che al momento ancora non c’è, quantomeno nella sua interezza. Alla prossima, quindi, con fiducia.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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