Recensione: Wolves Reign

Di Simone Volponi - 21 Giugno 2017 - 19:53
Wolves Reign
Band: Wolfpakk
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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65

Quarto lavoro per i Wolfpakk, progetto all stars limitato al solo studio di registrazione inaugurato nel 2010 dalla coppia tedesco-svizzera Mark Sweeney (Casanova, Mad Max) e Michael Voss (Crystal Balls), che cerca di seguire la scia delle metal operas più acclamate come Avantasia (soprattutto) e Ayreon.
Il concept è sempre a base di lupi e in generale di animali che rappresentano la natura più selvaggia, salvo qualche sporadica eccezione. Non cambia di una virgola nemmeno la proposta musicale, un solido metal alla tedesca basato soprattutto sui mid tempo e che ricorre all’A B C compositiva “verso-pre chorus-chorus-assolo centrale”, dove troviamo sempre motivi di interesse sia nelle parti di chitarra taglienti, nelle melodie orecchiabili, e in una buona dose di energia. L’appeal principale è costituito dai tanti ospiti chiamati a dare il loro contributo, che anche in questo Wolves Reign non sono pochi e provengono da carriere di prestigio (prego leggere i nomi delle band elencate nell’adesivo posto in evidenza). Tra gli altri, abbiamo al microfono Biff Byford (SaxonRonnie Atkins (Pretty Maids), Michael Vescera (ex- Yngwie Malmsteen), Tony Harnell (TNT), alle chitarre Brad Gillis (Night Ranger), George Lynch (ex-Dokken), Jen Majura (Evanescence) e Chris Holmes (ex-W.A.S.P.); al basso un certo Rudy Sarzo (Quiet Riot, Whitesnake, Dio) e via scorrendo. Non male a prima vista…

Falling posta in apertura e scelta come primo singolo, vede la presenza dell’ex Bonfire Clauss Lessman alle vocals, la carta Rudy Sarzo giocata subito, Timo Somers (Delain) alla chitarra. È un incipit classicamente legato al metal teutonico, con un refrain melodico nulla di che, abbastanza canonico, mentre la performance di voci e strumenti si dimostra subito di livello, valorizzata dalla produzione quadrata.
Run All Night segue a ruota, più aggressiva della precedente traccia, e con un ritornello maggiormente a fuoco intonato da Micheal Vescera e un buon assolo di Voss. Dalla doppietta iniziale si deduce che lo schema compositivo applicato dai due mastermind è il medesimo di sempre: loro si dividono le strofe, lasciano il pre chorus e il ritornello all’ospite di turno. A volte concedono lo spazio di qualche strofa se il guest è d’eccezione, come nel caso di Biff Byford su Blood Brothers, altro roccioso mid tempo stavolta dedicato alla vittoria dei Sioux sulle Black Hills e condito da uno pseudo canto indiano che tutto sommato si rivela un pezzo piacevole. Brad Gillis (Night Rangers) qui offre il suo contributo in fase di assolo e si sente.
La titletrack alza l’asticella qualitativa, presentando un pezzo oscuro ed epico che procede bene anche se il refrain non gira come dovrebbe. Parzialmente inutile la presenza di Tony Harnell, visto che l’ex voce di TNT e per un brevissimo tempo nei Skid Row viene limitato al chorus finale, mentre non lascia indifferenti il prezioso solo a opera di George Lynch.
No Remorse è simpatica col suo animo pienamente crucco, ma si dimentica in fretta, e la presenza di Oliver Hartmann nel chorus non è sufficiente a lasciare il segno.

Inside The Animal Mind inizia con un arpeggio stile AC/DC ma si trasforma subito nell’ennesima spolverata di metal tedesco sulla scia degli Accept tutto sommato gradevole ma non imprescindibile. Bella invece Scream Of The Hawk aperta e chiusa dalla voce stentorea di Steve Grimmett (Grim Reaper), singer di culto un po’ troppo sfigato che avrebbe meritato ben altra sorte nel mondo del metal, con in mezzo il dinamico duo Sweeney-Voss a farla da padrone e un po’ di acuti vecchia scuola che fanno sempre bene. The 10 Commandments è ovviamente un excursus biblico che gira davvero bene, con parti atmosferiche e un intermezzo recitato, dove troviamo Pasi Rantanen (Thunderstone) però solo nel refrain, e quindi parecchio sacrificato… non si capisce il senso dell’avere a disposizione una voce così interessante e non sfruttarla di più. Questo è un po’ il problema di tutto il disco e di quelli precedenti, come detto, il ripetere uno schema che non giustifica i tanti nomi chiamati in causa.
Stessa situazione in Mother Earth, tra l’altro graziata da un ritornello di grande intensità interpretato da Ronnie Atkins (Pretty Maids), che ne avrebbe guadagnato se al danese, indubbiamente più espressivo dei due capo branco, fosse stato dato maggior spazio. Buono l’assolo a mezza via tra acustico ed elettrico da parte dell’Evanescence Jen Majura, ma pezzo tirato per le lunghe nel finale.
In Tomorrowland leggiamo il nome di Danny Vaughn, che è un cantante di classe, ma anche lui viene relegato a semplice comparsa nel chorus. La traccia è una sbiadita ballad per piano che sfocia in un ritornello corale abbastanza pacchiano, e non c’è il pathos utile in situazioni raccolte come questa.
L’ultimo ruggito del branco porta il titolo di I’m Onto You e ha come motivo di interesse la presenza alla sei corde dell’ex W.A.S.P. Chris Holmes, che fa bene il suo, come tale Andy Lickford dei Killer dotato di una voce dal timbro profondo stile Blaze.

Per chiudere, Wolf Reign come quarta zampata dei Wolfpakk non assesta bene il colpo, gli artigli sono tesi bene e affilati nella maniera giusta, ma non arrivano a bersaglio. Le tracce non sono chissà cosa, niente di eclatante, ma si lasciano ascoltare e intrattengono in modo piacevole. Manca tuttavia il pezzo trascinante, e c’è questo grosso difetto che arrivati al quarto disco ormai risulta congenito e irreversibile: Voss, Sweeney, vi prendete troppo spazio! Capiamo che, essendo ideatori e compositori del tutto vogliano giustamente il ruolo di principale tutto per loro, ma davvero ha poco senso mettere insieme un branco di ottimi interpreti se poi li si usa col contagocce.
Questa è la differenza tra loro e Tobias Sammet, che tanto vorrebbero imitare. Sammet sa dosare con cura le forze coinvolte nelle sue opere, facendo brillare tutti e pensando alla valorizzazione del lavoro, senza pretendere tutto lo spazio per se.
Per questo Avantasia resta in cima a questo tipo di prodotti, mentre i Wolfpakk finiscono di nuovo nel reparto comprimari che fanno le cose bene… ma non basta.

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