Recensione: Yumaflex

Di Valter Pesci - 12 Gennaio 2015 - 12:33
Yumaflex
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2012
Nazione:
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85

Nuovo progetto per il guru della batteria Thomas Lang, il quale questa volta si unisce a un artista che, nonostante sia attivo già da vari anni, ha sempre vissuto nell’ombra del mondo chitarristico, Conrad Schrenk. L’album è intitolato Yumaflex ed è di difficile classificazione, sebbene orbiti sempre un po’ intorno alla sfera fusion. Le contaminazioni con altri generi però non mancano.
La prima traccia, “Hindy Jimmy”, si apre con un arpeggio in fingerpicking subito seguito da un giocoso tema in slide a cui fa il verso, è proprio il caso di dirlo, un motivetto cantilenato da una vocina strafottente. Il passo che segue dovrebbe far drizzare le orecchie a ogni chitarrista, perché, dire che ricorda molto un segmento analogo della canzone “I’m The Hell Outta Here” del profeta delle sei corde Steve Vai, è un eufemismo. D’altronde le influenze di questo musicista appaiono ben chiare fin da subito e citazioni/omaggi al “piccolo virtuoso italiano” non mancheranno, anzi… Il brano comunque è a dir poco catchy e trascinante, ha tutte le carte in regola per diventare un tormentone. La lunga sezione dedicata all’assolo dimostra tutta la preparazione tecnica del chitarrista, il quale sciorina con disinvoltura pressoché tutte le tecniche possibili lasciando trasparire pure un certo gusto, anche se l’originalità sembra percorrere una strada parallela: ancora troppe soluzioni stilistiche rimandano ad alcuni degli inconfondibili marchi di fabbrica del Dio della chitarra. Intanto Thomas si limita a supportare il tutto, standosene buono buono in disparte aspettando il suo turno. Una volta finito l’assolo di Schrenk, può cominciare il suo show. La cosa da notare è l’evidente differenza nel suono delle pelli del mostro austriaco, tuning molto meno cupo del solito e suoni più “crudi” rispetto a quanto ci aveva sempre abituato negli altri suoi progetti.
Maceo is a Fat Man” comincia a entrare nel vivo della questione. Bellissimo groove riff prog-fusion veramente azzeccato. Ben presto lo scalpitante virtuoso chitarrista si lancia in soli assassini, subito seguito dalla disumana piovra alle sue spalle che aggiunge un po’ di divina mostruosità percussiva al tutto. Il riff iniziale ci riaccompagna sino al termine della canzone. (Quasi inutile dire che anche qui ovviamente la componente Steve Vai si fa sentire, ma ormai avrete capito, sarà una costante di tutto il cd).
Ci teletrasportiamo ora in sud-America sulle note di “Impar Latine”. Ci accoglie, per l’appunto, un allegro ritmo latineggiante, seguito da un riff di ugual sapore. Thomas esprime tutta la gioia tipica di un sound latino-americano in un groove contagioso. L’assolo di Conrad, sempre degno di nota, lascia poi spazio a quello di piano (S. Mitterbacher a battere i tasti neri e bianchi), il quale strizza malizioso un occhio al mondo jazz. La coda, composta dalla solita guitar e dalla pioggia di colpi alle pelli che riempiono il tappeto sonoro magistralmente, lascia un solo giudizio possibile una volta arrivati al termine: tutto molto riuscito.

Mantra” si apre con un riff presto accompagnato da una melodia arabeggiante canticchiata da Elisabetha Fay, cui risponde, in una specie di duello, Mr. Schrenk creando un sapiente botta e risposta. L’assolo che segue, ancora una volta ben eseguito, è in puro fusion mood. Si giunge quindi al break ritmico, qui Thomas impartisce un’altra lezione del suo incredibilmente ricco drumming, da rimanere sempre a bocca aperta. E mentre il serpente continua a ballare nel vaso, incantato da questi inusuali ammaestratori, il pezzo arriva alla fine del suo viaggio.
Ed eccoci a “Musotto”, una delle mie preferite. Preparatevi perché qui lo zampino maligno di Thomas si farà sentire. Uno sfuggente ritmo dal suono quasi tribale fa da intro a un inquietante segmento vocale in stile L’esorcista: la voce satanica sembra pronunciare frasi incomprensibili, come se un’ipotetica torre di Babele fosse stata scossa per bene creando un insieme a dir poco criptico. Questo delirio vocale si ripeterà varie volte nel corso del pezzo. Un riff metallaro fa capolino da tutto ciò e anche la linea di batteria si fa più intensa e articolata (Lang torna un po’ nel suo habitat naturale). Arriviamo all’immancabile solo che, seppur continuando a ricordarci cose già sentite, risulta sempre impeccabile. Ma fate largo alla piovra, perché sta prepotentemente uscendo di nuovo dal coro, con tempi magici e virtuosismi di vario tipo. Il finale è una schiacciasassi ritmica che riprende il riff portante.
Se volete fare il giro del mondo ma vi mancano le risorse finanziarie, non preoccupatevi! Al ridicolo costo di un cd, i nostri vi faranno da guida turistica, con voli intercontinentali senza scali alcuni: “Nippon 3” infatti ci fa assaporare un po’ di Asia col suo tema portante che ricorda uno dei vari cliché musicali legati a quelle terre. Per il resto, questa rimane forse la song più anonima dell’intero lavoro. Non si può dire lo stesso della seguente bomba “zappiana”: “Resolution”. Ebbene si, qui il salto non è più spaziale, bensì temporale e ci riporta alla fine degli anni Settanta. Un enigmatico riff prog ci introduce a questa meraviglia, ben presto però il sound diventa un calderone di eccentricità in vero stile Frank Zappa dei tempi d’oro. Si ritaglia uno spazio per deliziarci con un bel solo di tastiera proveniente dalla medesima epoca; poi di nuovo lo spirito del genio italo-americano si impossessa degli astanti e li guida in una sfilata di eccessi degna proprio del Re del Musical Freak Show. Veramente un bell’omaggio, siamo sicuri che il caro vecchio Frank avrebbe apprezzato.

Sol Distorsionada” prosegue sulla scia di quanto sentito finora a livello strumentale e continua a fornirci elementi latineggianti, tra i quali Conrad e Thomas si muovono agevolmente, sfogandosi in assoli interessanti, il primo, e in finezze ritmiche, il secondo. Come di consuetudine d’altronde. La traccia numero nove è una versione alternativa dell’originale storkiana (quindi totalmente made in Thomas Lang). Stiamo parlano di “Tripola” e per la descrizione di questo pezzo vi rimando alla recensione dell’album in questione.
La penultima traccia, “Still Got No Blues” si apre con una frase scandita dalla voce vissuta del mitico Gary Moore, maestro del genere bronxiano. Poi, comincia l’interpretazione di cosa sia il blues, ora, per i due mastermind a capo di questo progetto: cercando di mantenere certi stilemi e cliché tipici del vecchio genere, si divertono a contaminarlo con tutto il prog possibile e ci riescono alla grande. Gli svisamenti e le varie scorribande dei nostri arrivano quasi a scherzare col genere in questione (non sono gli unici a essersi cimentati in qualcosa del genere, vedi “Blues Fuckers” della geniale band The Aristocrats, ad esempio). Un applauso giunge a chiudere l’esibizione.
Arriviamo ora all’ultimo brano, la title-track “Yumaflex”. Capiamo subito che l’atmosfera giocherà un ruolo importante. Schrenk sfodera per la prima volta il suo acoustic set-up. Al basso Kai Kurosawa dimostra di saperci fare eccome, avvolgendoci con un sound bollente e profondo da estasi e prendendosi anche i dovuti spazi solistici. Thomas ogni tanto decide di aggiungere capitoli irripetibili al suo grande libro del drumming, mentre Conrad continua a dimostrare di essere tanto preparato quanto amante di Steve Vai, del quale non solo possiede lo stesso suono anche in acustico, ma di cui continua a prediligere anche le scelte stilistiche. L’atmosfera si scalda sempre di più, ma, ahimè, il pezzo giunge alla conclusione.

Beh, che dire… quando nasce un nuovo progetto, ci si pone nei suoi confronti, inevitabilmente, tra il curioso e lo scettico. Certo, i nomi dei componenti possono già dare un’idea di cosa ci attende e spesso fungono da garanzia: è proprio questo il caso. Sì, per certi versi potrà a tratti mancare di originalità (vedi il già sommariamente citato amore viscerale di Conrad per Vai), ma non si può non asserire di essere di fronte a un album fresco, intelligente, pieno di bellezza in tutte le sue forme e, soprattutto, pieno di belle composizioni. Veramente un ottimo lavoro questo debutto. A chi piacciono sonorità che si destreggiano con disinvoltura tra fusion, jazz, prog, passando dal latin e dal mondo stravagante del mito Frank Zappa, consiglio vivamente l’acquisto (possibile solo tramite il sito della MUSO Entertainment online).

 

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