Recensione: Alcázares

Di Daniele D'Adamo - 27 Luglio 2025 - 12:00
Alcázares
Band: Impureza
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Death 
Anno: 2025
Nazione:
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77

Gli Impureza, targati francesi per via dell’anagrafe, in realtà sono una band completamente calata nella realtà spagnola. Andalusa, per essere precisi. E questo perché il mastermind Lionel Cano Muñoz, fondatore dell’ensemble nel 2004, assieme a Esteban Martín, hanno dato vita a uno stile che è stato definito hispanic extreme metal o anche brutal flamenco death metal. Con i due compagni Florian Saillard e Guilhem Auge, questi sì, di nazionalità transalpina, a completare la squadra.

E con la chitarra acustica flamenca s’inizia “Alcázares“, l’ultimo nato, con l’intro “Verdiales“, presentante anche un sottofondo ambient, per portare con mano chi ascolta verso la direzione in cui cammina il disco. Il death dei Nostri è macchiato di nero, tanto che nelle parti in cui non è presente il folklore si scatena la furia degli elementi. Questo grazie a un tremendo attacco fonico dal taglio puramente blackened death metal, in cui Martín traccia le proprie linee vocali alla maniera di Nergal. Un feroce tono stentoreo, quindi, che soffoca stringendo la gola e accorciando il respiro.

Non si fa tempo a… ingoiare il terrificante sound del metal estremo che, quasi immediatamente, appaiono improvvisamente cori caratteristici delle terre d’Aragona, accompagnati dal brutale growling di Martín, seguendo un ritmo dettato dalla follia dei blast-beats per un antitesi riuscitissima ma, soprattutto, unica al Mondo (“Bajo las Tizonas de Toledo“). Il che è il primo e più importante segno caratteristico della musica del combo franco-ispanico.

Musica che comprende raramente la melodia (“Covadonga“, “La Orden del Yelmo Negro“), certamente non catchy ma sufficiente a donare un pizzico di varietà a un suono in linea generale potentissimo, devastante, si ripete, quando il ritmo si alza sino a raggiungere i mostruosi valori di BPM dei blast-beats. In tali frangenti, diviene evidente l’elevato tasso di tecnica strumentale, alla pari dei migliori act che praticano il death metal o, meglio, il metal oltranzista.

Volando alla velocità della luce (“Reconquistar Al-Ándalus“), i Nostri riescono a innescare lo stato mentale da trance ipnotica, ricettiva al massimo dei temi trattati nell’album che si rivela essere un concept che si immerge nell’universo della cosiddetta Reconquista, cioè processo storico che durò circa otto secoli, dall’invasione musulmana del 711 fino alla caduta del regno di Granada nel 1492. Un eccellente trovata che cementa musica e parole per una visione mentale cinematografica degli eventi che si sono susseguiti in quel buio periodo in cui era piombata la penisola iberica.

Anche in questo caso si può parlare di originalità, poiché il quartetto tricolore ha evitato i soliti stra-abusati cliché di budella che volano e di demoni che calpestano corpi in decomposizione, scegliendo di narrare la Storia della Nazione natìa. L’umore dell’LP è oscuro, a volte buio, tetro, ma questo giacché la narrazione si sviluppa nel Medioevo, in cui, come si sa, si sono compiute le peggiori nefandezze da parte del genere umano, involutosi a livello di bestia feroce. A cominciare dal (purtroppo) celeberrimo Torquemada (“Castigos Eclesiásticos“, “Santa Inquisición“).

Detto di stile, sound e testi, non rimane che accennare alle canzoni. Perfettamente allineate, tutte, all’anima che si agita nel platter, senza che ci siano cali di tensione descrivono compiutamente i capitoli che dividono in undici parti il lavoro. Prese una a una, però, mostrano una certa difficoltà a diventare familiari in virtù di una costante vena dissonante, a parte gli spiccioli melodici di cui si più su accennato. In sostanza, come spesso accade, manca quel quid in più da rendere l’apparato delle song esplosivo al pari dello stile.

Si tratta di un neo che comunque non inficia più di tanto la bontà di un’opera inedita, ricca di passaggi interessanti per la loro allucinata presa mentale. “Alcázares” è una specie di viaggio nel tempo che rammenta, a chi ancora non lo sapesse, le gesta del popolo spagnolo per riconquistare la propria libertà nel famigerato intervallo che dal 711 dC porta al 1492 dC. Con gli Impureza che hanno dimostrato in tutto e per tutto di avere in mano le carte giuste per emergere con veemenza dalla marea del mercato discografico internazionale, sezione death metal.

Daniele “dani66” D’Adamo

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