Recensione: The Regeneration Itinerary

Di Daniele D'Adamo - 20 Luglio 2025 - 12:00
The Regeneration Itinerary
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Black 
Anno: 2025
Nazione:
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82

Nati come black metal con supporti sinfonici, gli …and Oceans, nel corso di una lunga carriera cominciata nel 1995, hanno sempre modificato con continuità il proprio stile, restando bene accorti a non stravolgerlo troppo sì da non superare i confini che hanno disegnato e disegnano lo stile medesimo.

Dopo aver aggiunto, nei primi anni duemila, soprattutto con “Cypher” (2001), un’abbondante iniezione di industrial metal e di elettronica, con l’ultimogenito “The Regeneration Itinerary” la situazione pare essersi rovesciata per una specie di ritorno alle origini. Detto così parrebbero dei semplici passi indietro ma così non è, poiché nella saccoccia dei membri perlomeno originali ci sono, appunto, sei lustri in più di esperienza alle spalle. Nonché il supporto tecnico/artistico di una discografia che conta sette full-length, compreso questo, oltre a una manata di compilation, EP, split e singoli vari.

Così, i due chitarristi fondatori Timo Kontio e Teemu Saari hanno potuto riscrivere la storia della propria band con nuovi musicisti, che, portando ovviamente sempre qualcosa di sé, hanno contribuito alla costruzione della camaleontica musica della band stessa. Anche se da circa cinque/sette anni la formazione pare avere trovato la quadra per esprimere quanto di più consono sia vicino alla vera natura del combo finlandese.

Una natura che, in primis, si fa notare per un black metal potente, monumentale, a tratti violentissimo. Ricco di elementi volti a generare una visionarietà rilevante, soprattutto quando Kauko Kuusisalo scatena i propri furibondi blast-beats che, accompagnati dalle sempiterne tastiere e dal basso, non perdono mai potenza ma anzi divergono, come cinetismi, verso pazzeschi valori di BPM; generando in tal modo una sorta di caos pensante e voluto, non puramente caotico, cioè. Visioni di mondi sconosciuti, lontanissimi, dalle forme di vita ignote, si materializzano sullo schermo ideale posto dietro alle palpebre (“Inertiae“). Una sorta di splendida trance ipnotica che spinge i neuroni verso frontiere dello scibile lontane miliardi di anni luce (“Förnyelse i tre akter“).

Mathias Lillmåns fornisce una prestazione eccezionale, in cui riesce a modulare il proprio screaming a seconda delle oscillazioni della musica anche quando, improvvisamente, esplodono melodie clamorose, celestiali come avviene in “Chromium Lungs, Bronze Optics“. Song-capolavoro che si schianta all’interno della scatola cranica per segnarla per sempre e, quindi, averne memoria eterna.

Il ritorno a sonorità più vicine al metal estremo non va visto tuttavia come un passo indietro, come una semplificazione del sound. La complessità dei brani non è in effetti esagerata ma lo è la prestazione agli strumenti che i Nostri riescono ad assestare ai massimi livelli possibili raggiungibili da un essere umano. Un’erogazione di potenza spaventosa, che muove il disco fra le stelle con precisione chirurgica e celerità vicina a quella della luce (“The Form and the Formless“).

The Regeneration Itinerary“, pur non essendo un concept, prova a insegnare che non tutto possa essere definito semplicemente come buono o cattivo, chiaro o scuro, rame o mercurio, sottolineando la danza perpetua delle dualità nell’esperienza umana. E ci riesce bene, completando i numerosissimi ossimori che permeano l’LP in maniera perfetta, regalando così a chi ascolta una varietà pressoché infinita di emozioni contrastanti (“Prophetical Mercury Implement“, “I Am Coin, I Am Two“). Fra le quali, in ossequio alla Terra dei Mille Laghi, campeggia sempre, anche se a volte in modo soffuso, la malinconia (“The Terminal Filter“). Un elemento di spicco in più che rende tutte le tracce dotate di un’anima dai contorni netti che ne decretano il nascere della vita, di un cuore che pulsa all’impazzata per qualche visione celestiale (“The Ways of Sulphur“), di un pensiero che si tuffa nelle acque gelide di uno specchio d’acqua per morirvi.

Insomma, si è capito: “The Regeneration Itinerary” è un’opera gigantesca, titanica, che racchiude in sé esperienza, perizia tecnica, canzoni memorabili ma soprattutto un talento compositivo che si assesta lassù, in alto, per guardare gli altri giù, in basso. Cosa che accade al 100% per gli …and Oceans e pochissimi altri, nella parte oscura del metal oltranzista.

Daniele “dani66” D’Adamo

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