Recensione: Screamin’ Down The House 1985-1988

Di Stefano Ricetti - 29 Giugno 2025 - 0:30

Gli inglesi Raven dei fratelli Gallagher hanno contribuito a delineare le linee guida dell’Acciaio mondiale attraverso i loro primi tre album: Rock Until You Drop (1981), Wiped Out (1982), All for One (1983), concepiti in piena Nwobhm. La chiusura del primo cerchio della loro carriera ha poi coinciso con la pubblicazione del disco dal vivo Live at the Inferno, datato 1984.

Poi, così come accaduto ad altre band britanniche in quel periodo, le sirene americane si sono fatte sentire, sempre più prepotentemente e anche i duri e puri Corvi di Newcastle hanno capitolato, addirittura facendo armi e bagagli trasferendosi a New York, benedetti dalla Atlantic Records.

Il primo parto discografico di quel connubio assume le spoglie di Stay Hard, anno 1985. È sin da subito evidente che i Raven non siano più quelli di un tempo, come facilmente prevedibile: la loro proposta risulta maggiormente aggraziata e i suoni levigati, in linea con le esigenze del mercato USA. All’interno del disco spiccano “Restless Child” e “Pray For The Sun”, mentre il rigurgito legato al passato appartiene ad “Hard Ride”, ripescata da Rock Until you Drop.

Nel 1986 segue The Pack Is Back, prodotto nientepopodimeno che da Eddie Kramer, già famoso per i suoi trascorsi con Jimi Hendrix, Led Zeppelin e Kiss. La differenza rispetto al predecessore è palpabile, la proposta dei tre inglesi si incanala ancor più perfettamente in quelle che sono le regole imposte del momento e brani quali la piacevolissima “Gimme Some Lovin’”, cover dello Spencer Davis Group, “The Pack Is Back” e “Screamin’ Down the House” ricadono appieno nel novero di quelli appetibili dalle radio, allora deputate a spargere il verbo nel Paese. Da dimenticare “Hyperactive”, una forzatura bell’e buona, totalmente fuori dalle corde dei Raven, pure se ormai americanizzati. The Pack is Back passerà alla storia come il loro disco più vicino ai Def Leppard, quantomeno nelle intenzioni, benché questi ultimi, va sottolineato, li surclassassero ampiamente, a essere buoni.

Il seguente Ep Mad, sempre targato 1986, costituisce il tentativo effettuato dai Raven di discostarsi dai tentacoli commerciali dei precedenti due full length e infatti si rivela come l’ideale viatico per Life’s a Bitch, conclusivo album del periodo Atlantic Records, del 1987. Sarà anche l’ultimo loro disco con lo storico batterista Rob “Wacko” Hunter.

Così come tante altre compagni della Nwobhm anche i Raven, dopo il legittimo tentativo di effettuare un salto di qualità in termini di consensi e vendite si rassegnarono alla dura realtà: gli unici britannici in grado di sfondare per davvero negli USA e poi nel mondo intero furono i Def Leppard, in quel periodo, grazie alla magia di alcuni album inarrivabili per tutti quanti i colleghi.

I Raven, quindi, tornarono a fare i Raven, dentro i solchi di Nothing Exceeds Like Excess del 1988, una volta reclutato il batterista dei Pentagram Joe Hasselvander. Il lavoro, così come il precedente, incarna la volontà di tornare alle proprie radici anche se evidentemente alcune scorie yankee permangono nel loro songwriting. Da segnalare la presenza della bonus track “Kick Your Ass”. Trattasi infatti di due dischi onesti, nulla più e nulla meno, incapaci però di incidere per davvero nella parabola artistica dei metaller di Newcaste.

Tutto quanto raccontato sopra costituisce il contenuto del cofanetto Screamin’ Down The House (1985-1988) di 4 Cd licenziato sul mercato dalla Hear No Evil Recordings Ltd, sussidiaria della Cherry Red Records. A impreziosire la release un libretto di ben ventiquattro pagine con la storia dei Raven narrata da John Tucker, uno che di Nwobhm se ne intende parecchio, innervata da dichiarazioni raccolte fra i vari protagonisti. Oltre al suo testo trovano spazio un po’ di foto e le note tecniche di tutti quanti i lavori ricompresi dentro il prodotto, incluso il Mad Ep del 1986.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

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