Live Report: Wardruna @Anfiteatro degli Scavi, Pompei – 05/08/2025

Live Report: Wardruna @Anfiteatro degli Scavi, Pompei – 05/08/2025
Sono davvero poche le situazioni della vita in cui faccio fatica a trovare le parole. Questa sera è una di quelle situazioni. Torno a casa da un concerto ed invece di avere delle parole da buttare in un testo vuoto ho solo immagini ed emozioni che vagano per aria. Sono nata a Pompei, sì proprio quel posto piccolo e sperduto che nel 1972 è diventato iconico per gli amanti della musica grazie alla storica esibizione dei Pink Floyd. Ma allora io non esistevo e di concerti non ne hanno più autorizzati, se non raramente, in questa location. Entrare nell’anfiteatro delle rovine è sempre, di per sé, un’emozione. Farlo la sera ancor di più, essendo generalmente vietato. E se c’è anche una band che suona? Commovente.
La cornice è incantevole. E loro sono i Wardruna, che ho avuto modo di conoscere quando anche loro erano piccoli e sperduti nei microfestival tra i boschi della Norvegia, sì quelli dove di tanto in tanto ti trovi un orso o un lupo che si accomodano accanto a te a vedere lo show. Il risultato di questa sera è aver assistito ad un concerto ipnotico e spettacolare, una sorta di trance, un’esperienza coinvolgente in un’atmosfera carica di suggestioni con uno spettacolo di luci davvero impressionante. Selvik sembra avvolto in una sorta di aura divina e la standing ovation finale è stata del tutto meritata.
Con mia grande sorpresa, c’erano fan di tutte le età, alcuni dei quali vestiti con adattamenti di temi nordici, quasi un cenno cosplay alla narrazione e all’esibizione musicale. Sono rimasta incantata dal viaggio, dall’emozione e dalle storie dietro ogni canzone (lo ammetto, avere avuto familiarità con la lingua può avermi agevolata in qualche modo!), alle sagome degli strumenti dell’antica storia nordica che si adattavano perfettamente allo sfondo frammentato e ruvido e denso di storia, illuminato con tanta maestria da rendere quasi vivo l’anfiteatro. Hanno eseguito i brani del loro repertorio più amati dai fan, tutti assemblati in modo impeccabile per raccontare un’unica storia norrena con tante sfumature.
Mentre le luci si abbassano e le sagome della band prendono posizione, l’aria sembra improvvisamente farsi più densa. Einar Selvik arriva sul palco ed un fruscio di corvo bianco (Kivtravn!) riempie l’aria e fa venire la pelle d’oca, e non hanno ancora suonato una nota. Questa è magia!
Archi e percussioni danno inizio a questo viaggio. Un enorme riflettore proietta le sagome dei musicisti sullo sfondo, creando quasi un’altra dimensione alla musica. Dove guardi, cosa potresti perderti se non sei concentrato a sinistra o a destra o addirittura alle tue spalle? Questa performance è stata incentrata sulla trasmissione di storia, leggenda e narrazione attraverso parole e musica così autenticamente assemblate che a tratti ti senti trasportato indietro a quel 79 DC quando ancora Pompei non sapeva della sua imminente distruzione. Non sono previste battute o spiegazioni, mentre le canzoni si fondono l’una con l’altra: è pur vero che si tratta di un viaggio di sola andata senza soste davvero incredibile, eppure a mio avviso la mancanza di interazione totale (se non al termine) alza un muro invisibile tra chi ascolta e chi esegue.
La produzione di questo spettacolo è impostata in moda da far scorrere con estrema facilità la narrazione, questa lezione di storia del folklore nordico. Le dinamiche sono rese nei modi più semplici ed efficaci, dall’uso delle luci al modo in cui il fumo si alza e crea nuovi paesaggi. La maestria musicale tradizionale e le performance vocali incredibilmente potenti di Einar Selvik e Lindy-Faye Hella si alternano tra canti gutturali e ringhi forniti da Selvik ai contributi angelici di Hella. Lo spettacolo è un’esperienza molto più profonda di quanto mi ricordassi, il paesaggio sonoro tribale, in qualche modo sinfonico e primitivo nei suoi elementi fondamentali, ha reso la performance fluida e realizzata con precisione, attenzione, passione e cuore. Avrei solo voluto avere abbastanza ‘educazione musicale’ da poter giudicare l’uso degli antichi strumenti norreni come tamburi a cornice in pelle di cervo, la Kraviklyra (un tipo di lira), la Tagelharpe, corni di capra e due Lur enormi e ricurvi – che vengono sollevati, indossati e suonati – o riconoscere i materiali, ossa, pietre, pelli che sono stati portati sul palco, ma posso solo riportarne l’effetto finale.
Alla conclusione del set principale, Selvik ha parlato per la prima volta, circa un’ora e venti minuti dopo l’inizio dello spettacolo. Questo ha enfatizzato la narrazione e la natura maestosa dell’esibizione, coinvolgendo tutti.
Selvik si è rivolto al pubblico dicendo esattamente le parole che nella mia testa si erano profilate pensando di doverle riportare nella recensione. Ha innanzitutto ringraziato per l’opportunità che gli è stata data di esibirsi in una cornice la cui storia è nota a tutto il mondo, per la memoria che le rovine trasmettono, proprio come la memoria delle leggende nordiche, che celebrano ciò che i norreni facevano con così tanta passione, raccontare storie e creare musica con la voce e gli strumenti. In qualche modo, Einar e chi come me ha familiarità con ogni singola pietra visibile all’interno delle rovine, ha sentito la voce delle anime che sono rimaste sepolte per secoli, la profondità della musica di questa serata si è diffusa nell’aria ma ha viaggiato tra gli strati di polvere vulcanica ed è arrivata al cuore di chi si è addormentato lì per un infelice destino.
L’importanza del canto, della musica che unisce e parla alle persone, alle famiglie, alle nuove generazioni ed a chi non c’è più, introduce l’ultimo brano “Helvegen”, “una canzone sulla morte, è una canzone sul morire, è una canzone sull’onorare e ricordare qualcuno che hai perso. È una canzone sul cantare, sul passare oltre e ovviamente sul lasciar andare“.
Una ultima standing ovation conclude la celebrazione della storia di stasera, una sorta di viaggio nel tempo. È stato un viaggio affascinante nel passato, perfettamente conservato e reinventato per il presente.
Che siate o meno appassionati del genere, non perdetevi i Wardruna dal vivo. So che mi ringrazierete.
SCALETTA
Kvitravn
Hertan
Skugge
Solringen
Vindavlarljod
Heimta Thurs
Lyfjaberg
Voluspá (Skaldic Version)
(Einar Selvik solo)
Tyr
Isa
Grá
Himinndotter
Birna
Rotlaust tre fell
Fehu
Helvegen
Hibjørnen
(Einar Selvik solo)