Recensione: Dysillusion

Di Valeria Campagnale - 18 Settembre 2025 - 19:07

Dopo più di quarant’anni, la pionieristica band Hardcore Whipping Boy ha ristampato il loro album ‘Muru Muru’ in una versione completamente rivisitata intitolata ‘Dysillusion’ LP. L’aver avuto un fratello che mi ha introdotto alla musica non commerciale è stato un privilegio che ha plasmato i miei gusti musicali, spingendomi verso l’alternativa. Ricordo chiaramente l’album “Muru Muru” con la sua copertina cupa e i suoni, che all’epoca potevano sembrare inquietanti e scarni, erano in realtà perfettamente coerenti con lo spirito del tempo e, sono sicura che quel disco sia ancora in casa di mio fratello. Del resto, gli anni Ottanta sono stati un decennio estremamente fertile per la musica e le arti, un’epoca che ha prodotto un’abbondanza di espressioni creative.
Non si tratta di una recensione tradizionale di un nuovo album, ma piuttosto di un’operazione di rilancio o remake curata direttamente dai membri originali. Pur essendo un’opera a sé stante, il suo impatto e l’ingegnosità dietro le modifiche emergono pienamente solo se si ascolta l’album originale per un confronto diretto.
I Whipping Boy si sono formati nel 1981, unendo l’energia del cantante Eugene Robinson (oggi nei Buñel e negli Oxbow) con quella del chitarrista Steve Ballinger. Nati come band Hardcore, hanno evoluto il loro sound con l’album del 1983, “The Sound of One Hand Clapping”, e il successivo “Muru Muru”, pubblicato l’anno seguente. Con Dave Owens alla batteria e Sam Smoot al basso, l’album è stato registrato da Klaus Flouride dei Dead Kennedys.
Questo lavoro rappresenta una svolta rispetto al precedente lavoro, esplorando sonorità più sperimentali e cupe. È un’opera densa, torbida e potente, caratterizzata da ritmi tribali, droni e citazioni da “Apocalypse Now”, che si fondono in un’atmosfera sonora piuttosto paranoica.
In definitiva, questo disco non è un semplice revival, ma un’esplorazione che ne amplifica il significato e la profondità, pur restando saldamente ancorato all’epoca in cui è nato. “Muru Muru” rimane un’esperienza d’ascolto impegnativa, che spazia dal Punk al Goth, dal Post-Punk all’Heavy Blues. È un lavoro audace, che trascende il tempo e le etichette, dimostrando come un album nato da angoscia e disillusione possa diventare un catalizzatore di un’arte nuova e di un cambiamento profondo.

 

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