Recensione: Hexenbrand 1486

I teutonici Mystic Circle, formatisi nel 1992 grazie ai due masterimind nonché unici membri della band Graf von Beelzebub e Aaarrrgon, hanno avuto una carriera a singhiozzo, frammentata da scioglimenti e reunion. L’ultima è avvenuta nel 2021 e ha fruttato tre full-length dei quali “Hexenbrand 1486” è l’ultimo arrivato.
“Hexenbrand 1486” il quale è il decimo della serie, partendo dall’inizio. Un concept-album basato sul “Malleus Maleficarum” (“Il Martello delle Streghe”, in tedesco “(Der) Hexenhammer”), un trattato in latino pubblicato nel 1486 dal frate domenicano Heinrich Kramer per reprimere l’eresia, il paganesimo e la stregoneria. Più genericamente, sulla caccia alle streghe che ne seguì, che si rivelò un semplice massacro costellato da innumerevoli torture in nome della Santa Romana Chiesa.
Con delle tematiche simili, facile pensare a un genere sì black metal, contaminato però da oscure infiltrazioni di gothic dal gusto di Germania; seppure in modo tale da non rovesciare il genere stesso quale unico e principale. Si tratta, perlopiù, di inserimenti ricchi di tastiere e, pure, di melodia. L’umore complessivo del disco, che deriva sia dai testi, sia dalla musica nel suo complesso, è orientato decisamente verso emozioni piuttosto malinconiche se non deputate alla tristezza. Tristezza per le decine e decine di persone, soprattutto donne, immolate su altari che nulla avevano a che fare, in realtà, con la religione ma con la il materialismo. Possedimenti terrieri e denaro in primis.
Una conoscenza che induce Graf von Beelzebub a straziare gli animi con uno screaming a volte disperato, a volte aggressivo, a volte cattivo. Così come sono dello stesso tenore gli eccellenti assoli di chitarra, a opera sua e del compagno Aaarrrgon (“Blutschande Unzucht Sodomie“). Veri brani nei brani che dimostrano l’acuta sensibilità artistica della coppia, capace di creare uno stile a onor del vero non originalissimo ma comunque personale, ricco di sfumature, perfetto nella sua realizzazione e nella sua elaborazione. Segni caratteristici a linee spesse che a loro volta sono segno inequivocabile di una bravura sia tecnica, sia compositiva, assestati ai massimi livelli cui giacciono le migliori emanazioni del metal estremo, lato black.
S’è detto della melodia. Una componente del sound dei Nostri che vive di vita propria anche se legata al black stesso tant’è che, probabilmente, il miglior modo di definire, semmai fosse così importante, ciò che essi suonano. E cioè melodic black metal. Questo sottotipo si manifesta con continuità un po’ ovunque, toccando vette di nobiltà armonica nel ritornello di “Luciferian“, per esempio o, ancora meglio, nel chorus cui dà vita una voce femminile in “In the Sign of the Goat“.
Benché ci possano essere delle divagazioni dal filo conduttore che lega assieme il platter, a riportare i piedi all’Inferno ci pensa la sezione ritmica, che spesso e volentieri scatena blast-beats violentissimi, supportati da poderose, tonanti linee di basso. Così imbastito, il suono è davvero avvolgente, granitico, monumentale (“Dance On the Wings of Black Magic“). Le già citate tastiere, in più, srotolano i loro tappeti di note in abbondanza senza tuttavia mai esagerare, inspessendo sia il suono dell’LP, sia la componente armonica per un risultato finale del tutto soddisfacente.
I brani si presentano bene, regalando, ciascuno, qualcosa da mandare a memoria. C’è la presenza di qualche (rara) transizione, in cui il songwriting perde per un attimo la sua continuità lasciando scorrere la musica quasi senz’anima. Si tratta invero di un neo la cui esistenza è quasi impercettibile, confrontato alla monumentale opera che s’intitola “Hexenbrand 1486“. I Mystic Circle, pur non rivoluzionando l’universo del nero metallo, mostrano con il ridetto “Hexenbrand 1486” una professionalità assoluta soprattutto nell’esecuzione delle canzoni, formalmente ineccepibili in tutto e per tutto.
Tirando le somme, il lavoro può essere un buon punto di partenza per avvicinare il neofita ai tentacoli del melodic black metal.
Daniele “dani66” D’Adamo

