Recensione: Bestial Possession

Di Daniele D'Adamo - 7 Dicembre 2025 - 12:00
Bestial Possession
78

L’Australia, in ambito metal, ha spesso regalato delle chicche musicali poiché, trovandosi così lontana dal resto del Mondo, ha sviluppato nel corso degli anni un modus operandi del tutto suo per quanto riguarda la gestazione di band piuttosto ricche di originalità.

I tempi sono però cambiati e l’avvento di Internet ha facilitato l’allineamento delle formazioni indigene a quanto proposto altrove. Prova ne è “Bestial Possession“, terzo full-length in carriera dei Depravity, il quale si mostra perfettamente aderente al death metal inteso nella sua forma più moderna. Di quello, insomma, che si suona dappertutto.

Il che non deve essere interpretato come un punto debole da parte dei Nostri, dato che la loro proposta suona fresca, si fa per dire, adulta anzi matura e, perché no, ricca di temperamento. Nonché, soprattutto, identificativa di una personalità forte, decisa, che rimanda il sound del disco ai migliori act che attualmente percorrono il territorio del metallo della morte, appunto. Death metal puro, senza contaminazioni se non una leggera velatura melodica che, a volte, si adagia su alcune parti delle song del platter.

Al contrario di queste sensazioni di morbidezza, Jamie Kay e i suoi compagni pestano duro come dei dannati, realizzando un suono potente, violentissimo, a tratti devastante. La tecnica è assestata sui più alti livelli di precisione e professionalità attualmente concepibili, suggerendo che i cinque ragazzi provengano dalle maglie di un solido background culturale. Difficile se non impossibile, difatti, trovare delle pecche nella complicata fase di esecuzione dell’LP. Complicata sì ma non lambiccata, nel senso che la bravura strumentale è al servizio delle tracce e non fine a se stessa.

Il viaggio che si compie da “Engulfed in Agony” a “Catastrophic Contagion” è immaginabile come un’avventura che si svolge in una Terra desolata, priva di ogni forma di vita, annichilita dall’Uomo durante le sue ultime guerre mondiali. Un mood quasi asettico, non troppo contraddistinto da emozioni, se non una feroce rabbia verso la ridetta razza umana. Rabbia che fuoriesce senza soluzione di continuità dall’ugola di Kay, impostata su un durissimo growling stentoreo prodotto martoriando la cassa toracica, con qualche suinata qua e là (“Awful Mangulation“).

Semplicemente spaventoso il muro di suono eretto dalle chitarre-segaossa di Lynton Cessford e Jarrod Curley. In esso, si rinvengono decine e decine di tremende bordate scaturite da un rifferama attuale, pulito, che costituisce una spaventosa fase ritmica, come insegna il terremotante, meraviglioso, trascinante inizio di “Eunuch Maker“. Oltre a ciò, sono presenti assoli penetranti come lame nella carne, che in talune occasioni non si fanno mancare nemmeno un pizzico di melodiosità, come più sopra accennato (“Aligned with Satan“). Ovviamente sconvolgente il drumming di Louis Rando, il quale incute davvero paura quando sfora la barriera dei blast-beats (“Rot in the Pit“). Ma i BPM non sono solo di questa grandezza. Improvvisamente, quando non sussistono sentori, il battito del rullante cala vertiginosamente e la doppia cassa detta legge (“Call to the Fallen“).

Tutto quanto sopra dona a “Bestial Possession” un tocco di imprevedibilità, di mistero, in ordine a quale sia la prossima canzone da ascoltare, perlomeno durante i primissimi passaggi. Per quanto energeticamente sconvolgente, l’insieme dei brani è più che sufficientemente eterogeneo, perennemente volto in direzione dello stile del combo di Perth. Il che, indubbiamente, allontana il pericolo d’insorgenza della noia. Un fatto, questo, che consente di godere appieno delle mazzate menate a destra e a manca dalla compagine australiana, riconducibili alle sferzate dei singoli pezzi. E che, esattamente come per la tecnica, rivela un songwriting assolutamente di alto rango.

Certo, un neofita del metal non potrà mai reggere la potenza di “Bestial Possession“, ma per chi ama e conosce a fondo il death, i Depravity sono ciò che fa per loro.

Daniele “dani66” D’Adamo

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