Recensione libro: Thrash ‘Em All 1979-1991 l’epopea della Bay Area

THRASH ‘EM ALL
1979-1991: l’epopea della Bay Area
di Mariano Fontaine e Cristiano Mastrangeli
320 pagine illustrate
Formato: 16×23
ISBN: 978-88-94859-96-6
25 €
Se l’heavy metal l’hanno inventato i Black Sabbath e il Death Metal i Possessed, lo scettro di iniziatori in ambito Thrash se lo sono meritati gli Exodus, benché prima di esordire ufficialmente su vinile abbiano fatto penare le canoniche sette camicie ai numerosi, avidi appassionati. In quel della zona di San Francisco, nei primi anni Ottanta, vennero gettate le basi di un genere nuovo, selvaggio, declinato dalla fusione dell’heavy metal più classico dell’epoca, prevalentemente di matrice Nwobhm e le istanze maggiormente violente provenienti dalla centrifugazione del Punk originario, quelle poi sfociate nell’hardcore anarcoide. Il demo 1982 degli Exodus, quello contenente “Whipping Queen”, “Death and Domination” e “Warlords” diede la stura a tutto quanto l’ecosistema gravitante nella Bay Area.
Autori di questa evoluzione musicale, che poi decretò la genesi di un vero e proprio genere, non limitandosi a determinare un semplice filone, dei personaggi fra i più variegati, mediamente provenienti dalle periferie più degradate della zona, gente con pochi o nessun dollaro in tasca da spendere ma tanta voglia di mettersi in gioco e fare casino.
Soggetti quali il timidissimo James Hetfield, gran ruttatore ma capace di non spiaccicare parola per un intero pomeriggio, lo spacciatore Dave Mustaine e i picchiatori di glamster, nel vero senso della parola, Gary Holt e Paul Baloff – considerato uno stronzo vero da più di un collega – solo per enumerarne quattro.
THRASH ‘EM ALL, 1979-1991: l’epopea della Bay Area, ultimo parto di Tsunami Edizioni a cura di Mariano Fontaine e Cristiano Mastrangeli racconta tutto questo, lungo le proprie 320 pagine corredate da molte foto, flyer, manifesti e locandine di concerti, tutto rigorosamente riportato in bianco e nero.
La narrazione parte degli inizi sino ad arrivare all’uscita del famoso album omonimo dei Metallica, meglio conosciuto come Black Album, un vero e proprio spartiacque nella storia della musica dura, pubblicato poco dopo l’esplosione (destabilizzante, per l’ambiente) del Grunge e poi divenuto lo zenit commerciale dello stesso Thrash, segnando però altresì un momento di non ritorno e chiudendo, di fatto, gli anni migliori del genere, per sempre.
L’evoluzione di quella forma musicale virulenta si annoda con le vicende legate ad Exodus, Metallica, Testament, Death Angel, Vio-lence, Forbidden, Defiance, Heathen ma va dato atto ai due autori di aver ampiamente tributato i sacrosanti meriti di band quali Lääz Rockit, Mordred ed Hexx, tre gruppi fondamentali degli albori, seguiti poi ovviamente dai mammasantissima di cui sopra e da altre avanguardie come i Sacrilege, poi divenuti Sacrilege B.C., per differenziarsi dagli omonimi inglesi di Birmingham.
Fuoco e fiamme per poco meno di un decennio, a Frisco e dintorni, con da una parte i discografici alla costante e naturale caccia ai “nuovi” Metallica e i complessi alle prese con demotape, risse, litigate, album ufficiali, unioni inossidabili ma anche tradimenti, fanzine, negozi di dischi, locali e concerti al fulmicotone tanto da conquistare man mano il mondo intero, affamato di nuove e violente sonorità. Poi il lento ma inesorabile declino, sapientemente raccontato dai due autori.
Così come venne il momento dei rimpianti tramutatisi in rimorsi, quando sia Gary Holt che Rick Unholt degli Exodus tornano, in tempi recenti, con la mente ma soprattutto con il cuore a quando, nel 1986, licenziarono il cantante Paul Baloff, a loro dire divenuto ormai ingestibile, per via di eccessi legati ad alcool e droga. Più o meno quanto accadde anni prima agli Iron Maiden alle prese con l’allontanamento di Paul Di’Anno.
Doverosamente viene poi ripercorsa anche la tragedia che costò la vita al bassista dei Metallica Cliff Burton, un avvenimento tutt’oggi avvolto dal mistero per quanto attiene cause e dinamica dell’incidente. Sempre in tema rammarichi, molto probabile quello vissuto da Les Claypool, in lizza per la sostituzione di Burton nei Metallica. C’è anche spazio, all’interno del libro, per un piccolo, esplicito spaccato di Italia, quando i Condemned? suonano, nel 1987,a Milano e Torino con di spalla Upset Noise e Negazione, oltre alla locandina del Clash of the Titans riportante le date di Firenze e Milano. Da menzionare il drammatico racconto della rapina subita da Jeff Becerra dei Possessed nel 1989 attraverso le sue stesse parole, fatto di sangue che lo costringe poi a una vita su di una sedia a rotelle. Drammatico, a mo’ di bollettino di guerra, passare in rassegna quanti fra i militanti di quella scena sono poi deceduti in età prematura.
Una fratellanza diffusa, nell’ambiente musicale di San Francisco, nonostante la naturale competizione fra le band, minata però dalle inevitabili frizioni che si possono innescare in taluni casi, per usare un eufemismo, come quando i Metallica chiesero 10.000 dollari per consentire ai Blind Illusion, che sdegnosamente rifiutarono, di poter menzionare il nome di Kirk Hammet sul loro album di esordio, visto che il chitarrista dei Four Horsemen lo aveva effettivamente prodotto.
Molto interessante il capitolo tre, nel quale vengono poste svariate domande a tema a un platea molto estesa dei protagonisti dell’epoca, con testimonianze di Gary Holt e Tom Hunting (Exodus), Craig Locicero (Forbidden), Strephon Taylor (Sacrilege B.C.), Rob Cavestany (Death Angel), Scott Lee Sargeant (Lääz Rockit), Mike Kaufmann (Defiance), Eddy Vega (Hexx), David R. White (Heathen), Dave Goresuch (Insanity) e altri ancora. Si scopre, fra i vari aneddoti che, se da una parte il locale Ruthie’s Inn era praticamente venerato da tutti, insieme con il suo gestore, Wes “The Mess” Robinson – al quale meritatamente è dedicata una scheda di quasi due pagine – che anche nella Bay Area, nonostante il clima generale impostato sull’amicizia, veniva praticato il Pay to Play, la security spesso abusava del proprio ruolo picchiando alla cieca e taluni titolari di club erano dei veri e propri squali, situazioni sovrapponibili a quelle accadute in altre parti del globo, quindi. Doverose, poi, le schede riguardanti Bill Graham e Debbie Abono, con quest’ultima redatta grazie ai toccanti ricordi Max Gaudagnoli, che ebbe a che fare direttamente con lei durante una calata degli Exodus a Milano.
Cercando di non dimenticare nessuno, gli autori hanno dedicato la quarta parte di Thrash ‘Em All alle band underground della Bay Area, fondamentali quanto i big alla crescita della scena.
Concludendo, un lavoro sicuramente esaustivo, tenendo conto dello spazio a disposizione, quello allestito dall’accoppiata Fontaine/Mastrangeli, capaci di scavare nel più profondo delle viscere del Thrash Metal di Frisco, al netto di qualche refuso fisiologico, comunque ai minimi sindacali. Peccato incappare nell’attribuzione dell’album Metal Heart (degli Accept) ai Quiet Riot, al posto del corretto Metal Health nei momenti introduttivi del libro, anche se trattasi di svista comprensibile per la particolare vicinanza letterale del titolo.
Stefano “Steven Rich “Ricetti