Recensione: Force of Annihilation
… Interessante questo ‘Force of Annihilation’, primo Full-Length dei nostrani Adeptor, Thrash band incazzata come un crotalo a cui è stato pestato il sonaglio.
Ma procediamo con ordine: il combo non è proprio di primo pelo, avendo le sue radici nel lontano 2015 in quel di Pisa. Nato da un’idea di Daniel Bagni e Alessandro Cosci, ai quali si sono uniti i chitarristi Francesco Guarnieri e Gianluca Trivelli, il quartetto così formato aveva cominciato il suo percorso discografico nel 2017 dando alle stampe l’EP ‘Violent Metal Assault’, autoprodotto e formato da 5 pezzi crudi e sanguigni.
Poi, a causa di problemi dovuti all’instabilità della lineup che lo hanno portato a trasformarsi nell’attuale trio, composto da Daniele alla batteria, Alessandro al basso e dall’ultimo entrato Alessio Zini alla voce ed alla chitarra, nonché per la sosta forzata causata dal periodo pandemico del Coronavirus, la sua storia ha subito un rallentamento che ha spostato ad oggi la pubblicazione del sopra menzionato primo album: ‘Force of Annihilitaion’, registrato, mixato e masterizzato presso i Saffa 666 Studios di Fucecchio (FI) sotto la guida di Delio Nanni (Sofisticator, Svlfur, Rexor), uscito nel luglio 2025 e poi distribuito da Sliptrick Records.

‘Force of Annihilitaion’ è un concentrato di violento Thrash Old … ma mooolto Old … School, posto in linea retta con la malvagità istintiva dei primi Exodus, Possessed, Destruction e Sodom più l’aggiunta di una compressa forza tecnica, messa in luce da una produzione pulita e sofisticata ed intercalato qua e là da roventi atmosfere oniriche.
Il tutto amalgamato per essere fluido ma anche disturbante, con un songwriting imperniato su attacchi bellici all’arma bianca composti da un insieme di riff, strofe e refrain spediti, sui quali vengono innestate armonie e melodie di chitarra ficcanti ed incisive od arpeggi stemperanti, completati da un sottofondo di tastiere riempitivo che ne addensa il clima.
La voce è caustica, arrogante ma anche narrativa, resa infernale per mezzo di quell’insano riverbero che contraddistingueva le produzioni di un tempo a meno spendere, diventato però una degli elementi chiave per la diffusione di un genere che faceva dell’oscurità insidiosa il suo naturale elemento.
Il tappeto ritmico è massiccio, un pericoloso temporale nella notte, formato da una batteria rocambolesca e da un basso denso e corposo, anche se, a dirla tutta, in certe sequenze quest’ultimo rimane un po’ nascosto dalla prepotenza della chitarra.
Il lavoro di quest’ultima è raffinato, ricco di particolari che lo rendono intransigente ed articolato, realizzato per mezzo di molte sovraincisioni e stratificazioni che, intersecandosi una con l’altra, danno vita a coinvolgenti lotte di Twin Guitars e scambi di assoli penetranti e trascinanti, un’articolazione che in verità ci si chiede come potrà essere replicata dal vivo, visto che gli Adeptor di ascia ne hanno una sola, ma che su questo disco ci sta comunque alla grande.
La qualità dell’album è abbastanza uniforme, con discreta varietà compositiva. Emergono comunque ‘Eternal Beholder’, dai chirurgici cambi di tempo, ‘Black Messiah’, probabilmente scritta all’inferno, ‘Fire of Destruction’, un pestaggio tecnico e ‘Ritual Killings’, ricca di sfumature e con un finale esplosivo.
Concludendo, esordio sulla lunga distanza più che valido per gli Adeptor, che si dimostrano una band matura che sa quello che vuole e che è riuscita a rispettare l’antico senza rinunciare ad una produzione contemporanea. Non ci resta che aspettare il prossimo lavoro, andando nel frattempo a vederli dal vivo.
