Recensione: The Quest for the Sacred Melody

Di Manuel Gregorin - 10 Dicembre 2025 - 12:00

Dal mare sempre in fermento della NWOTHM, ecco arrivare i cileni Armoured Knight con il loro debutto discografico. Formatisi nel 2009 per volontà del chitarrista Cristian León, questi ennesimi paladini del metallo, in passato, hanno già realizzato tre EP, più una partecipazione a una compilation, prima di sciogliersi nel 2020. Dopo aver passato qualche anno a lucidarsi le armature e a riaffilare le spade, i cavalieri delle Ande si riformano nel 2024, per poi pubblicare, ad un anno di distanza, il loro primo full-length.

Edito dalla label tedesca Dying Victims Productions, il disco d’esordio, “The Quest for the Sacred Melody“, esce così ad ottobre 2025, e vede schierati Cristian León (chitarra), Christopher Falk (basso) e José Tapia (voce), tutti e tre nella band da prima dello scioglimento. Ultimo arrivato in formazione, invece, il batterista Mario Vera, unitosi agli Armored Knight con la reunion del 2024.

Metallo a palate, di quello alla vecchia maniera. Questo è quanto proposto dai templari di Talagante. Un’attitudine fedele alla tradizione, intuibile già dalla copertina, non proprio esaltante, a dire la verità, raffigurante una specie di guerriero incappucciato sulla falsariga di un custode delle sette chiavi o guardiano cieco, a seconda dei punti di vista. Un’illustrazione che lascia pochi dubbi su quali siano i punti di riferimento per León e soci.
Una conferma di intenti che arriva puntuale, schiacciando il pulsante play, quando veniamo investiti dall’accoppiata di brani posta in apertura dell’album, ovvero “Wielders of Dark Wisdom” e “Age of Speeches“, due schegge ad alta velocità, fortemente influenzate da Helloween, Gamma Ray e qualche passaggio alla Iron Maiden. Doppia cassa, riff fulminei e ritornelli esplosivi, qua trovano terreno fertile e vengono elargiti in dosi abbondanti.

Salta subito all’occhio (o meglio, all’orecchio) la produzione molto grezza, quasi casereccia. Molto probabilmente, questa è una scelta voluta, in modo da dare al disco un gusto retrò, quel sapore antico che odora sfacciatamente di anni ’80. Una trovata che certamente rende bene su alcuni brani, come ad esempio “Endless Light”, un’epico mid-tempo molto debitore a Heavy Load o Manilla Road, che proprio grazie alla produzione spartana, emana quella sensazione di vinile datato. Ciò non toglie che, in altre occasioni, questa opzione lascia qualche perplessità, se non addirittura apparire fuori luogo. Se da un lato i suoni marcatamente da cantina possono emanare un certo fascino d’altri tempi, in dose esagerata tendono ad affossare gli spunti interessanti che questo lavoro potrebbe offrire. Procedendo con l’ascolto, infatti, si ha spesso la sensazione che qualcuno abbia messo un cuscino sopra le casse dello stereo, tanto i suoni risultano ovattati.

L’attitudine e la dedizione al metallo d’epoca vengono curate nei minimi dettagli da parte degli Armuored Knight, non solo nei suoni e nelle canzoni, ma anche nel look, con i membri della band che sfoggiano fieramente lunghe zazzere scompigliate, chiodi borchiati e t-shirt assortite. Verrebbe da pensare che, più che una band musicale, i quattro cileni sembrino quasi dei figuranti di una compagnia di rievocazione storica a tema heavy metal anni ’80.

Lo speed/power con il marchio tedesco continua a dettare legge, come nella furiosa “Forgotten Grace“, con le chitarre che corrono veloci sul ritmo martellante della doppia cassa. Non si può fare a meno di notare, però, come sui passaggi più alti, la voce di José Tapia tenda un po’ a stentare. Tutto sommato, il cantante fa abbastanza bene il suo dovere, anche se qualche incertezza affiora in più occasioni durante l’ascolto del disco.
L’album procede senza particolari sorprese; si susseguono così la veloce “Run from Here” e la strumentale “Oath of the Sacred Melody“, con la chitarra di Cristian León protagonista nello sciorinare una serie di assoli e melodie eroiche. “Behind the Mask” mette in evidenza un volto più cupo, per certi versi simile a quanto si può trovare sui primi due album dei Running Wild, mentre “Guardians of the Stargate” chiude questo disco sfoderando un heavy/power d’impatto, ma sostanzialmente abbastanza canonico.

The Quest For The Sacred Melody” viaggia in modo fiero e convinto sui binari del power metal old school, e tenendo conto che questo era proprio l’obiettivo che gli Armoured Knight si erano prefissati, il traguardo può dirsi raggiunto. Resta, come già evidenziato, la questione della produzione molto minimale, che alla lunga tende a far perdere incisività ai brani, già di per sé non particolarmente originali.

Un lavoro a cui non manca anche qualche spunto interessante, ma comunque dedicato a una determinata sfera di pubblico particolarmente affezionata alle sonorità vecchia scuola. Per il resto, “The Quest For The Sacred Melody” può anche meritare un ascolto, magari dettato più che altro dalla curiosità, ma non lo si può di certo definirlo una pubblicazione essenziale.

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