At The Gates: abbiamo ascoltato il nuovo album!

Di Gianluca Fontanesi - 4 Giugno 2021 - 13:25

Ci è stata gentilmente offerta la più ghiotta delle occasioni: poter ascoltare il nuovo album degli At The Gates ancor prima del suo annuncio ufficiale! Siamo piombati sullo streaming come degli squali affamati e queste sono le nostre prime impressioni. L’artwork è fantastico, probabilmente il migliore mai avuto dagli svedesi e la tracklist offre dieci canzoni per una durata che si assesta sui quarantacinque minuti.

Il disco si chiamerà The Nightmare Of Being e uscirà il 2 luglio 2021 per Century Media, are you ready?

Spectre of Extinction: Si parte con un arpeggio acustico per poi distorcere e partire a bomba in 2/4 come ci si aspetta dagli At The Gates. Tompa appare subito in buona forma e la produzione è come sempre roboante. Il brano ha un buon groove e un riffing efficace anche quando è monocorde. Gli assoli sono ottimi e le due chitarre dialogano senza troppi problemi; il ritornello è un bene ma non benissimo e si chiude in un amen.

The Paradox: Si rimane ancora su velocità sostenute e l’aggressività viene ben mantenuta. Tompa vomita improperi che è un piacere e i rallentamenti ricordano i bei tempi andati, quelli con grandiose melodie e atmosfere. Ancora una volta si fa sfoggio di grandi trame chitarristiche e il ponte introdotto dalla voce sussurrata scatenerà ben più di un headbanging. Finale purtroppo brusco e un po’ buttato lì.

The Nightmare of Being: Inaspettatamente arriva un lentaccio che, dopo una intro da porno anni ’80 con l’idraulico che ammicca a un’altrettanto ammiccante figliuola, presto esplode e torna su lidi più consoni, offrendo anche un buon ritornello. Il ponte inizia in maniera clamorosa; potendo partire per una grandiosa tangente si inceppa invece dopo pochi secondi e finisce in un nulla di fatto. Arpeggino di 2 secondi a concludere e via andare.

Garden of Cyrus: L’incipit è molto particolare e il brano risulta arioso e dalle melodie eteree. I nostri si concedono addirittura il sax, che ormai lo si trova anche nei dischi brutal, e le linee vocali virano al gothic. Sperimentazione riuscita? Assolutamente sì, anzi, per ora è il brano migliore del disco, e il finale tritacarne lo ribadisce.

Touched by the White Hands of Death: Anche qui si spiazza l’ascoltatore con un incipit composto da archi e fiati per poi pestare come degli ossessi e tornare in lidi più classici e prevedibili. Ritornello buono e di facile presa e ponte sempre in 2/4 per non farci mancare nulla. Finale un po’ anonimo.

The Fall into Time è un brano di ben sette minuti ed è ovviamente il più lungo del disco. L’intro pare un misto tra vecchi In Flames e Nightwish con Tompa che sbraita e le chitarre che salgono. Presto si sveglia la sezione ritmica e si sfocia in un buon groove con riff arabeggianti. Ottimo il ritornello e il ponte va addirittura a toccare il prog anni ’70; pezzo grandioso.

Cult of Salvation inizia in maniera che più classica non si può e, nella sua semplicità, mette in tavola il giusto respiro e la giusta carica dopo un brano impegnativo come The Fall Into Time. Quando pensi che sia tutto troppo lineare si stacca con un pianoforte presto ripreso dalle chitarre e la parte sussurrata seguente è ottima. Ritorna Tompa ma per poco, si alterna col dente e l’effetto è ben riuscito.

The Abstract Enthroned parte a razzo e rimane in modalità missile per tutta la sua durata con i soliti riff abrasivi e il solito e prevedibile cambio di tempo. Struttura che non stupisce più ma nemmeno stufa; il ponte arriva in soccorso dando un po’ di brio sui tom ma dura poco e si riparte a manetta, concludendo in un alternarsi tra orchestrazioni e assoli e sfumando in maniera lieve.

Cosmic Pessimism cambia totalmente le carte in tavola con un incipit decisamente interessante e atipico. La chitarra pulita e la voce parlata danno un ottimo effetto; il ritornello è anche qui quasi gothic e centra clamorosamente il punto, poi ripreso in maniera urlata. Ponte da urlo e altro brano di livello molto alto.

Eternal Winter of Reason conclude il tutto rivelandosi un buon brano, piuttosto efficace e dal minutaggio smilzo, e facendo venire una gran voglia di poter risentire il tutto al più presto. Il disco, ne siamo certi, raccoglierà parecchi consensi ma farà storcere il naso alle persone più attaccate al sound classico della band svedese. Per ora è tutto, ci si rivede quest’estate per la recensione!